Russia, capitali pubblici per salvare Rosneft dalle sanzioni Ue

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Il governo russo sta pensando di acquistare obbligazioni per fornire liquidità alla compagnia petrolifera colpita dalle sanzioni

Il gigante petrolifero statale russo Rosneft, che l’Ue ha fatto oggetto delle ultime sanzioni legate alla crisi ucraina, si appresta a richiedere liquidità aggiuntiva al Fondo sovrano FNB, istituito nel 2008 dal Ministero dell’Economia a supporto del sistema pensionistico nazionale: l’annuncio rappresenta la prima contromossa russa al nuovo pacchetto di sanzioni  economiche che l’Ue ha varato il 12 settembre scorso contro Mosca. Le ultime misure varate da Bruxelles vanno a colpire dal punto di vista economico alcune grandi corporation russe dei settori energetico e bancario, bloccandone l’accesso al mercato dei capitali europeo e americano, impedendo loro così di disporre nel prossimo futuro di capitali freschi.

Il governo russo dal canto suo è pronto a sborsare subito 3,9 miliardi di dollari a sostegno della compagnia petrolifera di Stato: la conferma è arrivata la scorsa settimana dal ministro delle Finanze Anton Siluanov, che alla Itar Tass ha riferito di una possibile acquisizione di bond obbligazionari Rosneft da parte del Fondo FNB, fattore che permetterebbe l’arrivo immediato di capitali freschi nelle casse dell’azienda energetica. Stesso procedimento dovrebbe riguardare anche la Novatek, azienda di produzione di gas naturale presieduta dall’oligarca Aleksandr Natalenko, anch’essa colpita dalle sanzioni europee.

Rosneft ha bisogno complessivamente di 42 miliardi di dollari (30 miliardi di euro) per sviluppare nuovi investimenti: secondo quanto rivelato dal vicepremier russo Arkadij Dvorkovič, già consigliere economico del Cremlino, questi capitali arriveranno dal Fondo FNB, a cui la compagnia petrolifera si appresta a sottoporre i business plan di diversi progetti.

Dvorkovič non ha voluto svelare dettagli riguardo al programma degli investimenti, già approvato dal governo, tuttavia è molto probabile che questi ultimi andranno a riguardare l’Artico e le sue immense risorse sottomarine: lo scorso anno Igor Sechin, numero uno della compagnia petrolifera russa e indiscusso zar degli idrocarburi, aveva rilasciato alcune dichiarazioni sui progetti che Rosneft intende avviare verso i suoi giacimenti nell’Artico, che richiederebbero investimenti per 500 miliardi di dollari. Un esborso diretto ad un programma di sviluppo delle zone artiche che, secondo gli analisti della Merrill Lynch, da molto tempo è visto come uno dei punti focale nel futuro sviluppo economico della Russia.

Nel 2014 gli investimenti russi nel settore petrolifero hanno registrato un valore intorno ai 730 miliardi di rubli (14,7 miliardi di euro), superiore anche a quello del 2013, che era stato di 600 miliardi (12 miliardi di euro).

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons, 2011

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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