Nel suo libro Mario Dal Bello svela i segreti di un artista fra i più originali di tutti i tempi, per lungo tempo ingiustamente negletto e apprezzato solo a partire dal XX secolo
Per comprendere la pittura di El Greco occorre aver passeggiato per le vie di Toledo, aver visto la caligine salire dal suolo deformando e allungando le figure, donandole la parvenza di un miraggio, occorre aver osservato i suoi cieli azzurri divenire improvvisamente plumbei e oscuri come per l’irrompere di una improvvisa tragedia.
Nel leggere il volume che Mario Dal Bello dedica a questo pittore originalissimo e visionario, capace di precorrere i tempi come pochi altri nella storia dell’arte, si comprende come l’autore non si sia limitato a studiare le opere a tavolino, ma abbia seguito concretamente le sue orme, con pazienza e passione smisurata. Era già accaduto con il libro su Lorenzo Lotto, frutto di pellegrinaggi infiniti nelle terre che lo videro maggiormente attivo, accade di nuovo ora. Merito della Libreria Editrice Vaticana, che ha creduto in questo progetto giunto ormai al suo quinto capitolo. Un’operazione importante in particolar modo perché avviene a quattrocento anni dalla scomparsa dell’artista, ricorrenza che pochi hanno celebrato nel nostro Paese.
El Greco, ovverosia Doménikos Theotokópoulos (1541 – 1614), pittore poco apprezzato in vita e misconosciuto dopo la sua morte, proprio in virtù di una “maniera” strana e stravagante, incomprensibile per la gran parte dei suoi contemporanei. Il soggiorno veneto lascia tracce nel suo lavoro, riconoscibili ad esempio nella Maddalena penitente oggi a Budapest. A Roma non può ignorare la lezione di Michelangelo, verso il quale proverà un sentimento misto di rifiuto e ammirazione. Retaggi del grande maestro, mescolati insieme a suggestioni manieriste, appaiono ad esempio nella Trinità della chiesa di Santo Domingo el Antiguo, opera comunque caratterizzata da un senso epifanico del tutto personale. E’ inoltre sorprendente notare come il suo stile appaia totalmente immune dall’influsso caravaggesco, all’epoca dominante.
In realtà El Greco riesce nell’arduo compito di conservare intatta la propria peculiare individualità. Come scrive Dal Bello, una volta giunto in Spagna «si libera da ogni influenza, o l’assorbe in uno stile ormai del tutto personale». La Spogliazione di Cristo ad esempio trasfigura ogni traccia del passato in una composizione totalmente nuova. Il tempo sembra arrestarsi, lo spazio si chiude e si affolla di figure, rinunciando a qualsiasi fuga prospettica. Il movimento è tutto nel colore, in particolare il rosso indimenticabile della tunica del Cristo, a formare una sinfonia cromatica di grande presa emotiva. El Greco è un grande creatore di colori, e quest’opera lo dimostra pienamente.
Toledo, dove si trasferisce nel 1577, diviene ai suoi occhi il palcoscenico ideale per allestire le sue visioni. Nella Sepoltura del Signore di Orgaz, forse la sua opera più nota, «il divino e l’umano, il tempo e il fuori-tempo si toccano, creando in noi qualcosa che è insieme spasimo e contemplazione», scrive ancora Dal Bello. La sua creatività è innovativa e sconvolgente. Sul finire degli anni Novanta l’autore registra «una sorta di accelerazione emotiva ove la struttura diventa neo-bizantina, il colore tendente all’astrazione, le fisionomie fibrillano sotto un lume in palpitazione continua».
Dal Bello segue l’evoluzione dell’artista, e pare egli stesso stupito delle cromie originalissime e degli spazi irreali che questi trasferisce sulla tela. Il libro ha il pregio di presentare un’impaginazione molto agile, per cui il lettore apprende i temi principi della pittura di El Greco, osservandone man mano i dipinti più rappresentativi, ai quali vengono dedicate vere e proprie schede. La scrittura dell’autore è sempre coinvolgente, prodiga di quegli accostamenti che solo uno studioso padrone della materia può fare. Pensiamo al Laocoonte, paragonato per temperatura drammatica al Supplizio di Marsia del vecchio Tiziano. L’unico dipinto mitologico dell’artista, un quadro che guarda avanti ai secoli futuri.
Pensiamo ancora all’intuizione che gli permette di accostare Il matrimonio della Vergine, opera densa di poesia, alla Presentazione al tempio del Lotto conservata a Loreto. Due lavori senili, accomunati da un medesimo clima interiore, originalissimi nel loro eludere qualsiasi canone codificato, mostrando figure sfuggenti e forme che paiono dissolversi nell’aria.
«El Greco rimane inimitabile nel suo surrealismo spirituale, compreso solo a partire dal XX secolo», scrive Dal Bello individuando la solitudine di questo artista. La sua grande forza risiede nella rivelazione della luce che «svela le cose visibili e le invisibili, mostrandone l’anima».
Riccardo Cenci