Dieci anni dopo lo tsunami il mondo è più attrezzato ad affrontare le calamità?

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Per la FAO molto resta da fare per rafforzare ulteriormente la capacità di risposta

A dieci anni dalla peggior catastrofe naturale mai avvenuta al mondo a memoria d’uomo – lo tsunami lungo le coste del Sud e del Sud-Est asiatico – i Paesi della regione sono oggi meglio preparati ad affrontare tragedie come lo tsunami nell’Oceano Indiano, ma ci sono ancora margini di miglioramento, come ha affermato la FAO.

Nel dicembre 2004 lo tsunami ha provocato la morte di oltre 200.000 persone e ha devastato i mezzi di sussistenza di circa 1,4 milioni di sopravvissuti, danneggiando, se non distruggendo, campi, peschiere, barche, attrezzi per la pesca, bestiame dai quali dipendevano interi sistemi di produzione alimentare. In molti casi, sono state cancellate intere comunità di pescatori, insieme all’agricoltura costiera.  Le potenti onde del maremoto hanno distrutto barche e trascinato grossi pescherecci nell’entroterra, dove prima pascolavano gli animali e vi erano campi di riso e orti.

«A distanza di un decennio, mentre gli eventi commemorano quella tragedia, la FAO esamina le lezioni apprese nel limitare i danni ai mezzi di sussistenza agricoli, alla sicurezza alimentare e nutrizionale, provocati da tali eventi naturali e climatici» – ha dichiarato Hiroyuki Konuma, Vice Direttore Generale della FAO e Rappresentante regionale per l’Asia e il Pacifico – «quello che noi, e i nostri Paesi membri, abbiamo imparato, e vediamo realizzato, è notevole, ma vi è ancora molto che può e che deve essere fatto per prevenire e contenere cataclismi di questa portata.

Durante il decennio 2003-2013 circa 200 milioni di persone, in Asia e nel Pacifico, sono state colpite ogni anno da calamità naturali, dallo tsunami del 2004 a cicloni, inondazioni e tifoni.  Nello stesso periodo (2001 – 2010), il costo di questi disastri per la regione è stato in media di 34 miliardi dollari l’anno. Mentre alcuni Stati maggiormente colpiti dallo tsunami dell’Oceano Indiano sono ora meglio preparati ad affrontare i disastri sia prima che essi colpiscano sia per dopo che si sono abbattuti, da un recente workshop con i membri dell’ASEAN promosso dalla FAO è emerso che sono necessarie ulteriori azioni per aumentare la capacità di risposta ai disastri.

Prima dello tsunami, le azioni da parte dei Paesi erano di risposta dopo l’evento senza la capacità di prevenire e anticipare il disastro, con l’attenzione a salvare vite e poi pensare ai piani di recupero. Da allora c’è stato un cambiamento di paradigma per dare pari importanza all’anticipazione e alla riduzione dei fattori di rischio dei disastri naturali. Sistemi di allarme precoce e ben segnalati percorsi di evacuazione in caso di tsunami sono stati istituiti in alcuni Stati, per esempio la Thailandia, che, dopo la tragedia del 2004, ha creato il Dipartimento di Prevenzione e Mitigazione delle catastrofi nazionali.

Altri Paesi della regione asiatica hanno preso provvedimenti per la riduzione e il contenimento del rischio catastrofi. Nella capitale della Cambogia, Phnom Penh, sono state costruite dighe di protezione dalle alluvioni e vi è un sistema di allerta precoce a livello nazionale per le inondazioni. Nel 2010, il Primo Ministro del Laos ha emesso un decreto per una Strategia nazionale sui cambiamenti climatici. In Vietnam nel 2007 è stata approvata una legge per la Prevenzione ed il Controllo delle catastrofi naturali ed è stata messa a punto una strategia nazionale per la prevenzione, la risposta e la mitigazione dei disastri naturali.

Come altre organizzazioni, anche la FAO è stata molto sollecita nel rispondere ai bisogni derivanti dallo tsunami del 2004. Grazie al generoso contributo dei suoi partner, l’agenzia ONU ha attuato un ampio programma di interventi d’emergenza e di recupero a sostegno dei governi dell’Indonesia, dello Sri Lanka, della Thailandia, delle Maldive, del Myanmar, delle Seychelles e della Somalia. Le competenze tecniche della FAO si sono incentrate sulla tutela, sul ripristino e sulla bonifica dei mezzi di sussistenza basati sull’agricoltura e sulla pesca delle comunità costiere interessate. Questa assistenza ha mirato principalmente alla sostituzione dei beni perduti e promuovendo allo stesso tempo un utilizzo razionale delle risorse naturali, contribuendo ad evitare il ripristino della capacità di pesca eccessiva pre-tsunami sia ad Aceh in Indonesia che nello Sri Lanka, con una pericolosa ulteriore riduzione dello stock ittico. Nelle Maldive, l’agenzia ONU ha lavorato con le autorità locali per aiutare la popolazione isolana a desalinizzare il suolo coperto dall’acqua salata che aveva distrutto moltissimi alberi da frutta – mentre pesce e noci di cocco erano ancora disponibili, questa perdita di frutta rappresentava una seria minaccia per la nutrizione.

 

Aphrotiti Papadopoulos

Foto © Creative Commons

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