Sotto il vulcano: l’emarginazione dell’etnia maya e i bambini rapiti del Guatemala

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Convince il film di Jayro Bustamante, Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino. Obiettivo: parlare dei quattrocento sequestri l’anno di minori

Straziante poema dello sradicamento, della volontà di forgiarsi un destino e dell’impossibilità a farlo, Vulcano di Jayro Bustamante è opera sorprendente, in grado di mescolare ritmi ancestrali con tematiche di pura attualità in un’alchimia del tutto peculiare.

Lo spunto iniziale deriva dalla piaga del traffico dei minori in Guatemala. Le cifre parlano di circa quattrocento sequestri l’anno, solitamente impuniti, ad alimentare il mercato delle adozioni illegali nel mondo. Attorno a quest’idea il regista compone un film potente e complesso, in grado di veicolare una molteplicità di tematiche in un affresco dal grande fascino visivo.

Al centro di tutto il vulcano, lo spirito della natura dal carattere pagano, che con la sua presenza condiziona e domina le vite degli uomini. La comunità di etnia maya cakchiquel, la seconda in Guatemala, che popola il territorio circostante, vive in una condizione derelitta e immutabile. Il mondo rurale ha i propri ritmi, che appaiono impermeabili al trascorrere del tempo.

maxresdefaultMaria, la protagonista, è disposta a rischiare tutto pur di infrangere la barriera che la tiene prigioniera. Destinata sposa ad un uomo che non ama si concede a Pepe, un ragazzo povero il quale, come lei, sogna di fuggire negli Stati Uniti. Si reca da lui come una vittima sacrificale, attendendolo fuori dal bar nel quale sta facendo baldoria. Un amplesso consumato mentre il ragazzo è preda dell’alcol le consegnerà una gravidanza inattesa, un fardello che testimonia la sua colpa. Pepe sparirà e di lui non si saprà più nulla (nascosto per eludere le proprie responsabilità, fuggito realmente negli Stati Uniti, perito nel tentativo?), mentre la famiglia comprende che il programmato matrimonio andrà a monte, e con questo il loro destino. Ogni tentativo di sbarazzarsi del bambino fallisce. La vita è troppo forte in lei, e non accetta di essere sradicata.

Arcane ritualità punteggiano la narrazione. Il mondo antico rivendica i propri diritti, mentre quello moderno è poco più di un miraggio negli occhi dei giovani. Obbedendo ad ataviche superstizioni, secondo le quali una ragazza gravida è in grado di scacciare i serpenti che infestano i campi, Maria cerca di salvare il raccolto per evitare la rovina della propria famiglia, ma viene morsa.

Jayro_Bustamante_at_Cinelatino_2015Qui il film accelera, abbandonando i ritmi immutabili della vita rurale. In una lotta disperata contro il tempo, Maria viene portata nell’ospedale della città più vicina. La telecamera a mano la segue restituendo la concitazione del momento. I medici la salvano, ma le comunicano che la bambina che portava in grembo è deceduta.

La vicenda svela anche il problema identitario dell’etnia maya. La madre di Maria si esprime nella propria lingua di fronte ai medici, i quali non possono comprenderla. I maya cakchiquel sono poveri, incolti, privi di diritti ed esclusi dalla società. Solo grazie alla sua caparbietà Maria scoprirà che la figlia non è affatto morta, ma le è stata sottratta in ospedale per essere data in adozione, probabilmente negli opulenti Stati Uniti. La storia dello sfruttamento del ricco sul povero continua, la spoliazione del continente sud e centro americano, cantata in maniera mirabile dallo scrittore recentemente scomparso Edoardo Galeano, è lungi dall’essere conclusa. Ora non sono le risorse naturali ad essere sottratte ma le persone più innocenti, i bambini stessi.

Bustamante ce lo racconta in una magnifica opera prima, recitata da attori presi in gran parte dalla strada, alla maniera pasoliniana, i quali offrono prove maiuscole. Solamente i personaggi di Pepe e della madre fanno parte di una compagnia teatrale. La protagonista del film non aveva mai recitato prima d’ora. Bustamante dice di averla scelta per lo sguardo, fiero e diretto, perfetto per incarnare una ragazza che lotta per il proprio destino, pur essendo destinata alla sconfitta. Alla fine sposerà infatti il primo pretendente, che le garantirà una vita dignitosa, eppure uguale a tante altre vite che scorrono di fronte all’enorme indifferenza del vulcano.

Riccardo Cenci

foto in basso © wikicommons

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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