Duro scontro verbale a distanza tra il presidente Juncker che chiede di non vilipendere la Commissione europea e il premier del Belpaese Renzi che replica
Il preludio alla giornata di ieri c’era già stato all’ultimo Consiglio europeo di dicembre. Finito con una pacca sulle spalle non certo “morbida” data dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker mentre il premier italiano Matteo Renzi si concedeva a un’intervista televisiva, quasi a “sfogare” ore di schermaglie dialettiche che si erano portate avanti nelle ore precedenti.
«Clima non dei migliori», ha ribadito Juncker anche ieri, sottolineando a freddo l’irrigidimento dei rapporti tra Roma e Bruxelles, con la «Commissione che viene offesa in ogni occasione». E soprattutto per la delicata questione della flessibilità di cui entrambi rivendicano la primogenitura.
A cui Renzi aveva reagito con un altrettanto non rassicurante «Non ci facciamo intimidire, l’Italia merita rispetto». A contenere i toni le note del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e dell’Alto rappresentante Ue per la Politica estera Federica Mogherini.
«Esito sempre a esprimermi con lo stesso vigore con cui Renzi
si rivolge a me, perché non aggiusta sempre le cose», aveva dichiarato il presidente della Commissione europea Juncker, come riportato dall’agenzia Ansa. L’ex premier lussemburghese, già presidente dell’Eurogruppo, ha candidamente ammesso di «non capire perché (Renzi) lo faccia», in quanto senza la sua sponda mai sarebbe arrivata la flessibilità, introdotta «contro la volontà» della Germania. Ma soprattutto Juncker tiene a precisare di essere stato «molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto davanti al Parlamento europeo che è stato lui ad avere introdotto la flessibilità, perché sono stato io a farlo» e «su questo voglio ci si attenga alla realtà».
L’Italia «ha fatto le riforme e quindi il tempo in cui si poteva telecomandare la linea da Bruxelles a Roma è finito» ha contrattaccato il premier italiano in un’intervista al Tg5, ribadendo (ma già diversi capi di governo italiani lo avevano fatto, in passato) che «è finito il tempo in cui si andava con il cappello in mano» nella capitale europea. La flessibilità l’ha introdotta sì Bruxelles, ma dopo che in modo «molto molto molto insistito l’Italia l’ha chiesta», ha ribattuto Renzi, ricordando peraltro come il presidente Juncker sia«stato eletto sulla base di un accordo politico che comprendeva (proprio) la flessibilità». Perciò «non abbiamo attaccato le istituzioni di Bruxelles né la Commissione, ma vogliamo che l’Italia sia rispettata».
Ulteriori precisazioni sono arrivate dal ministro dell’Economia Padoan: «E’ evidente che è stata la Commissione Ue a introdurre la flessibilità, ma ricordo che si è arrivati là con il dibattito che è stato sviluppato durante il semestre di presidenza italiana». Alla «riserva stupefacente» di Juncker sull’opposizione del Belpaese ai tre miliardi da destinare alla Turchia per i profughi siriani, Padoan risponde che si tratta di una «questione di credibilità per l’Ue»: l’Italia non blocca niente ma «quello che consideriamo da chiarire è se ancora c’è spazio dal budget europeo» per evitare il contributo dei Ventotto.
Interviene anche la vicepresidente italiana della Commissione europea, Lady PESC Mogherini, cercando di fare da paciere ma con un difficile esercizio di equilibrismo. Per la nostra rappresentante nell’esecutivo comunitario «è stupido creare divisioni all’interno dell’Europa», anche perché «l’Italia ha bisogno dell’Europa come l’Europa ha bisogno dell’Italia». Mentre fin da subito sono fioccate tante critiche da parte delle forze di opposizione al governo in Italia. Per il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta «Renzi se l’e’ meritato, perché usa l’Europa per risolvere i suoi problemi personali qui in Italia». Mentre si tratta di «due facce (di bronzo) della stessa medaglia», per il segretario della Lega ed eurodeputato Matteo Salvini.
Ciò che è certo è che il presidente Juncker ha comunque promesso una visita a Roma a fine febbraio per «risolvere la questione con i nostri amici italiani». Ma dopo le recenti diatribe sulla vicenda del salvataggio delle quattro banche, l’apertura della procedura sulle impronte ai migranti e i sospetti di aiuti di Stato sull’Ilva, si è forse deciso di “forzar la mano” vista l’incognita sul “via libera” alla flessibilita’ 2016, tutt’altro che scontata e che andrebbe a toccare nel vivo la legge di stabilità determinante per il proseguo dell’esperienza governativa renziana.
Elodie Dubois
Foto © European Commission e Creative Commons (Tiberio Barchielli – www.governo.it)