Jean-Michel Basquiat: l’arte come epica della strada

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Una grande retrospettiva al Chiostro del Bramante indaga la breve ma intensa parabola creativa di un artista divenuto icona del proprio tempo

Dalla clandestinità alle vette più acclamate dello star system, dal ghetto ai quartieri bene della Grande Mela, questa la parabola artistica di Jean-Michel Basquiat, irrequieto enfant prodige nella fremente New York degli anni Ottanta. Nei suoi scenari si aggira ancora la figura ieratica e iconica di Andy Warhol. Proprio il rapporto con il giovane artista, il quale lo idolatra e trova forse in lui quella figura paterna che sempre gli è mancata, fornisce nuova linfa all’ispirazione un poco appassita del guru della Pop art.

La colonna sonora che li accompagna non è più quella della fine degli anni Sessanta e dell’inizio dei Settanta, dominata dalle sferzate acide dei Velvet Underground, ma risuona dei ritmi ossessivi e dei campionamenti dell’hip-hop dei Run DMC. Se la cultura rap si lega in un abbraccio indissolubile con il capitalismo, le arti figurative non sono da meno. La breve parabola creativa di Basquiat è dominata dall’ossessione per la fama e il denaro, da un sogno faustiano di immortalità.

Immemore degli insegnamenti di Warhol, il quale aveva prefigurato tutte le trappole di una società basata esclusivamente sul consumo e sul guadagno, Basquiat viene letteralmente fagocitato dal mercato. Il suo lavoro diviene preda del grande supermarket estetico, che in breve tempo lo masticherà e lo sputerà via, lasciandolo esangue su un marciapiede sporco. Samo, così era conosciuto il giovane artista, morirà a soli 27 anni, divorato dalla droga e dalla propria oscura interiorità.

Una retrospettiva al Chiostro del Bramante cerca ora di far luce nel pozzo nero di una personalità sregolata ed estremamente enigmatica. Gli esordi lo vedono attivo come graffitista nella periferia di Brooklyn, uno dei tanti figli di immigrati spinto dal desiderio di lasciare un segno duraturo nel magmatico tessuto urbano newyorkese. Il salto dall’anonimato al mercato dell’arte, dall’infanzia al mondo adulto è enorme. Basquiat si getta nel vuoto anima e corpo, senza ripensamenti.

La sua forza risiede nell’aver saputo innestare l’immediatezza dell’esperienza di strada sul tessuto pulsante e multiforme delle avanguardie artistiche. Eppure Basquiat, anche nel confronto con Warhol, appare dominato da un istinto più selvaggio e irruento. Le sue maschere tribali, le sue figure scavate, i suoi dettagli anatomici parlano di un segno istintivo, seppur inquadrato in una cornice formale che riesce comunque a evitare il pericolo della dispersione. In quest’ottica infrange il muro della produzione seriale tipica della Pop-art, per inserirsi nell’ambito sovente definito con l’etichetta, comunque generica, di neoespressionismo. Primitivismo e modernità si mescolano nella sua ispirazione, dando vita a una formula del tutto originale e difficilmente classificabile.

Le sue tele sono dominate da scritte che rimandano non solo alla cultura dell’hip-hop, ma anche alla sua passione onnivora e sfrenata per la lettura, per scrittori mitici quali Kerouac e Burroughs. La stanza dove fu trovato morto era disseminata di libri. La parola ha un suo significato, ma prima di tutto è un valore grafico, una pennellata incisa sulla tela, un segnale indecifrabile, come quelli che si trovano nella narrativa di Thomas Pynchon, che lampeggia in tutta la sua misteriosa evidenza nella trama delle nostre vite.

Basquiat crea poi un’epica visiva tipicamente nera, punteggiata dalle personalità debordanti di Charlie Parker, di Louis Armstrong, di Malcom X e Jesse Owens. Con lui si compie il riscatto delle minoranze, ghettizzate ed eternamente sconfitte, la rivincita di quelle moltitudini di umiliati e offesi dalll’immensa macina del sogno americano. Anche Basquiat ne resterà schiacciato. La sua ascesa coincide con la sua fine. Il suo esorcismo della solitudine fallisce, così come naufraga la breve e tormentata love story con la pop star più celebrata del momento, Madonna. Progressivamente si incrinano anche i rapporti con tutti coloro i quali lo hanno sostenuto. Particolarmente traumatica la rottura con Mary Boone, la gallerista che lo segue sulla piazza di New York. Basquiat muore solo, vittima predestinata di un sistema spietato che crea e annienta i propri idoli con algida e disumana noncuranza.

Riccardo Cenci

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Chiostro del Bramante – Roma

Jean-Michel Basquiat

24 marzo-2 luglio 2017

Orari: da lunedì a venerdì 10.00 – 20.00

sabato e domenica 10.00 – 21.00

Biglietti: intero € 13,00 ridotto € 11,00

Catalogo: Skira

www.chiostrodelbramante.it

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Immagini

in evidenza:

BASQUIAT, JEAN-MICHEL
2772 B356
Back of the Neck 1983
Five-color silkscreen
with hand coloring
on paper
50.25 x
101.75 in.

al centro:

BASQUIAT AND ANDY
WARHOL, JEAN-MICHEL
1712 B232 / W884
Thin Lips 1984-85
Synthetic polymer
paint and silkscreen
ink on canvas
77 x 62 in.

in basso:

Basquiat, Jean-Michel
Early Moses
1983
Acrylic and oil on canvas
cm 198,1 x 141 © Christopher Burke

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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