L’Europa è un bene prezioso e non ce ne rendiamo conto

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Sempre più cittadini degli Stati membri sono insoddisfatti delle politiche dell’Ue. Eloquenti i recenti risultati dei sondaggi di Eurobarometro. E i populisti avanzano

Sono passati sessant’anni dagli storici Trattati di Roma quando sei Paesi, Italia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, cominciavano a porre le basi per una Europa unita. Una follia se si pensa che solo dieci anni prima gli stessi combattevano una delle più sanguinose guerre della storia.

Da allora molte cose sono successe non ultimo il crollo del “Muro di Berlino” che ha stravolto gli equilibri mondiali e creato nuovi tensioni e problemi. Ciò nonostante, di lì a pochi anni, l’Europa senza frontiere, una terra senza ostacoli dove poter circolare liberamente con una moneta unica, insomma l’Unione europea, fino ad allora un insieme di nazioni che si trasformava, specie per i giovani, nella nuova patria piena di speranze per una vita di pace e prosperità.

Purtroppo con gli anni, se pur la speranza è sempre viva del sogno comunitario non altrettanto quando si guarda la realtà dei fatti. L’Europa come ente politico ha fatto sentire un silenzio a volte assordante sui temi che riguardano la vita quotidiana dei suoi 500 milioni di abitanti, la crisi economica ha poi aggravato la situazione.

Oggi molti guardano a questa Unione come una matrigna cattiva, come se tutti i problemi nazionali dipendessero da essa: dalla crisi della crescita economica al debito pubblico fino alla raccolta dei rifiuti e al traffico. Una volta trovata la colpevole, l’Ue, il resto è di conseguenza con il rischio di distruggere il progetto in una specie di forza centripeta per contestarla o quanto meno per ritrovare uno spazio nazionale.

Il caso della Catalogna della scorsa primavera non è certo un episodio isolato. Più si parla d’Europa e più i popoli cercano le proprie radici, le proprie tradizioni, la propria storia che la politica di Bruxelles sembra a molti di aver dimenticato. Una situazione però che comincia ad avere delle conseguenze: non c’è elezione, infatti, dove i cosiddetti populisti non vincono o aumentano nei consensi.

          Andrej Babis e Sebastian Kurz

Nell’ultima consultazione elettorale nella Repubblica Ceca ha vinto con il 31% dei voti l’ultra nazionalista e miliardario Andrej Babiš insieme ad altre formazioni sempre di estrema destra, creando di fatto una realtà politica che partendo dall’Austria con la vittoria del giovanissimo Sebastian Kurz, altro populista doc, si ipotizza da parte di molti osservatori addirittura la creazione di una specie di “Santa Alleanza” politica tra tutti i Paesi dell’Est europeo che comprende le nazioni anseatiche con la Polonia e l’Ungheria e parte della Bulgaria e Romania.

Non va meglio per la parte occidentale del Continente cercano l’autonomia regioni come la Scozia, il Galles fino all’Irlanda del Nord (altro che Regno Unito), passando poi per il Belgio, con il distacco dei fiamminghi dai valloni, e ancora la Corsica, la Provenza senza dimenticare anche i vari movimenti del Belpaese, specialmente al Nord che, con il recente successo del referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia, scomparso dopo tanto parlare e scrivere nella nebbia della politica italiana.

Recenti studi definiscono addirittura in una trentina le regioni che si battono per l’autonomia o, perfino, per l’indipendenza dal potere centrale, realtà che nate in sordina per i cosiddetti fallimenti politici dell’Europa sono diventate in breve sempre più rilevanti.  Insomma si arriva all’assurdo che più si parla di Europa unita e più l’idea sembra andare in frantumi.

I sondaggi dimostrano che a differenza di quanto desiderano i politici, l’Europa non è poi tanto amata e gli italiani, sempre ai primissimi posti come europeisti convinti con un gradimento che ha sfiorato oltre l’80%, oggi siano i cittadini dell’Ue che meno crede a questa realtà.

Ad agosto l’agenzia di sondaggi europea, Eurobarometro, ha sottoposto un campione di europei, 27.881 cittadini di età superiore ai 15 anni, ad una serie di domande su cosa pensano dell’Europa. Le risposte hanno dato risultati che i politici e i burocrati di Bruxelles dovrebbero vagliare attentamente. Purtroppo per il progetto europeo anche altri sondaggi più recenti affermano la stessa linea di consensi.

Per quanto riguarda l’Italia, come già accennato, solo il 39% si è detta favorevole all’Unione europea contro la media europea ancora in positivo con il 64% e con punte eccezionali, ma sono tre casi isolati, come l’Irlanda, l’Estonia e Malta che arrivano al 90% di entusiasti. Ma se l’Europa come ideale geo-politico può avere ancora un futuro, specialmente tra i più giovani, ciò non è certo per la sua capacità politica o di sviluppo.

Per gli italiani intervistati, solo il 19% crede che essa sia un contributo alla crescita economica, mentre il restante 64% la vede come una vera iattura per lo sviluppo contro la media europea favorevole del 36%, ma non è certo un bel dato. Su questo argomento rispetto a pochi anni raggiungeva anche il 70% di media.

Proseguendo sull’economia solo il 12% di noi pensa che l’Unione ha migliorato la qualità della vita quotidiana, dato non troppo distante dagli altri Paesi con il 19% di media, mentre chi pensa che la propria vita gestita da Bruxelles sia peggiorata gravemente arriva addirittura all’80% e non solo italiani, ma in genere tutti gli Stati che addebitano alla non politica europea la grave situazione che si trascina da almeno dieci anni.

Infine, per quanto riguarda il nostro peso politico e decisionale come italiani sui tavoli che contano, solo un terzo degli intervistati, poco meno del 28%, pensa che siamo importanti, mentre il 70% è convinto che non contiamo a sufficienza o addirittura nulla, ma anche qui la media di ogni singolo Stato non la pensa in maniera molto differente, la media è infatti solo del 47%.

Migliora stranamente per gli italiani la fiducia nel Parlamento europeo con un 36% di opinioni ottimiste (forse per il neopresidente connazionale) contro una media europea del 33%. Ma come non tutti sanno il vero centro decisionale dell’Unione europea non è il Parlamento, ma la Commissione composta da burocrati che non vengono eletti, ma nominati dai circoli di potere della stessa Ue.

Ciò che accomuna, purtroppo, tutti gli Stati europei sono la paura del terrorismo con il 58%, la mancanza di lavoro 43%, insieme alla povertà, e infine con il 35% l’immigrazione, un problema mal gestito e che porterà inevitabilmente problemi sociali anche gravi in un prossimo futuro.

Da questo sondaggio esce una Europa ammaccata, dal presente confuso e dal futuro incerto, bisognerà vedere nei prossimi mesi se la protesta anti-europea troverà uno sbocco costruttivo e non diventare invece il “boia” dell’Europa che, pur con tutti i difetti, rimane ancora il più grosso mercato mondiale, ma soprattutto la culla di civiltà e di democrazia: un tesoro non da poco in mondo che sembra impazzito.

 

Mauro Troiani

Foto © European Communities 1957 (apertura), Wikicommons

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