“I nostri figli”, una luce per le vittime della violenza domestica

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Per la prima volta sulla televisione italiana un film che riflette sul destino degli orfani a seguito dei casi di femminicidio. Una vicenda per cui lo Stato è stato condannato

Marianna Manduca era una giovane donna, madre di tre figli, uccisa brutalmente nel 2007 a Palagonia, in provincia di Catania, dall’ex marito nonostante lei avesse denunciato più volte le violenze domestiche. Questa sera su Raiuno i telespettatori italiani saranno immersi per la prima volta in tutte quelle problematiche che i coniugi Calì hanno dovuto affrontare per adottare i tre bambini rimasti orfani della madre e con il padre condannato per 20 anni di galere a seguito dell’omicidio. La loro storia ha ispirato il film tv “I nostri figli” in onda oggi in prima serata su Raiuno.

Una storia che tanti dovrebbero vedere perché, per la prima volta, porta in tv un problema su cui mai, o quasi mai, ci si ferma a riflettere: il destino dei figli delle vittime di femminicidio, figli spesso piccoli che, quando l’assassino è il padre, rimangono in un istante senza entrambi i genitori. Il giorno della presentazione a Viale Mazzini la direttrice di Rai Fiction Tinny Andreatta ha spiegato come «questa storia mette la lente sulla fragilità e sulla debolezza dei bambini in queste situazioni». Un racconto straordinario di ricomposizione emotiva, una storia vera che, finora, non era mai stata portata in tv.

Ci ha pensato Matteo Levi, produttore della “11 marzo film” che, insieme a Rai Fiction, ha realizzato il film, scritto da Mauro Caporiccio e da Andrea Porporati, che ne è anche il regista. La storia in questione risale al 2007 e si svolge tra la Sicilia, dove una donna viene uccisa dall’ex marito, e le Marche. Il dramma del femminicidio con gli occhi di chi resta, la tragedia dei tre bambini rimasti di colpo orfani, poi adottati da un cugino della donna e da sua moglie, interpretati da Giorgio Pasotti e Vanessa Incontrada, ispirati a Carmelo Calì e Paola Giulianelli, coppia di Senigallia con già due figli piccoli che ha adottato i tre bambini.

La coppia che nella realtà ha lottato e ottenuto il riconoscimento è stata molto presente durante la realizzazione del film. Come ha spiegato nuovamente la direttrice di Rai Fiction, il racconto offerto al grande pubblico, insieme a “Lea” (su Lea Garofalo) e “Io ci sono” (su Lucia Annibali) già trasmessi sulla Rai, fa parte di un’ideale trilogia di tv movie sulla violenza contro le donne affrontata però con un elemento di possibile riscatto. Per tenere alta l’attenzione sugli oltre 1.600 minori che dal 2000 ad oggi sono rimasti vittime in Italia di una doppia tragedia: orfani di madre dopo un femminicidio maturato tra le mura domestiche, quasi sempre perpetrato dal padre.

«Sono decisioni che prendi d’istinto. Ho pensato anche ai miei figli, a cosa sarebbe potuto succedere loro se la vittima fossi stata io. Sentivo di dover salvare quei bambini», commenta Paola Giulianelli, che nel 2007 con il marito Carmelo Calì accettò di prendere prima in affidamento e poi di adottare i tre bambini (allora di 3, 5 e 6 anni) di una cugina dell’uomo, Marianna Manduca, barbaramente uccisa (nonostante avesse lanciato l’allarme con ben 12 denunce per violenze contro il coniuge) a coltellate per strada dal marito Saverio Nolfo, a Palagonia (Catania).

«Si parte da un dolore, ma si racconta anche come ricucire la ferita, guarirla» – dichiara Andrea Porporati – «quei bambini non sono solo i figli della famiglia Calì ma sono di tutti noi». L’Italia solo lo scorso anno si è dotata di una legge (dicembre 2017) per aiutare chi fosse senza tutele. Contro il femminicidio, però, c’è ancora molto da fare, come sottolinea Vanessa Incontrada: «La società dovrebbe tutelare le donne molto di più, offrire molte più forme di protezione, più attenzione. Viviamo ancora in un mondo molto maschilista, dove resistono certi stereotipi sulle donne. Sarà difficile scardinarli, ma noi continuiamo a lottare».

Una sentenza ha stabilito che lo Stato deve versare quasi 300mila euro per la morte di Marianna Manduca. A giugno del 2017 il Tribunale di Messina ha condannato infatti i pm per “inerzia” nella gestione del caso sulla base della legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati. In questo modo, come si evince dal film, è stato finalmente riconosciuto l’abbandono della vittima nonostante, come nel caso della Manduca, le ripetute denunce della donna. Carmelo Calì, una volta diventato a tutti gli effetti tutore dei tre figli della donna, aveva fatto ricorso alla Corte di Cassazione affinché i tre orfani potessero ottenere giustizia.

 

Nicola Del Vecchio

Foto © Giorgia Iacuele

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