Dura lex sed Lex. 130 anni di vita della Polizia di Stato

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La pubblicazione offre spunti di riflessione sulla dura condizione del poliziotto del quale anche Pasolini prese a suo tempo le difese come «figli del popolo anche loro»

Presentato a Roma presso l’archivio storico del Quirinale sito in Palazzo Sant’Andrea, il corposo volume Dura lex sed Lex, storia e rappresentazione della Polizia di Stato dal 1852 alla Riforma del 1981. Tra gli eminenti relatori, Marina Giannetto sovrintendente dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, il prefetto e consigliere di Stato Carlo Mosca, il professor Guido Melis della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma”La Sapienza”, la professoressa Giovanna Tosatti dell’Università della Tuscia, moderava l’incontro Raffaele Camposano, direttore del Museo e dell’Ufficio storico e primo dirigente della Polizia di Stato.

Le conclusioni, molto articolate, sono state svolte da Franco Gabrielli, capo della Polizia (al centro, in prima fila, nella foto a sinistra). Il volume narra nelle oltre 300  pagine, non sono gli eventi cronografici nei quali la Polizia è stata testimone e protagonista ma anche i retroscena, gli umori politici dei vari governi che si sono succeduti dalla post-unità d’Italia ai giorni nostri. Sono riportati articoli di giornali, fotografie, ricostruzioni di aneddoti di eventi che hanno fatto della Polizia di Stato una testimone preziosa che ha aperto i suoi archivi agli studiosi di storia passata e presente di fatti storici importanti che hanno connotato il passaggio dal Regno d’Italia, al fascismo, alla Repubblica. Raffaele Camposano, che ha curato il progetto, nel suo intervento introduttivo ha voluto ringraziare il suo amico Fabio Santilli scomparso da poco, che in qualità di presidente del Centro Studi Gabriele Galantara di Montelupone (MC), che lo ha sempre spronato a realizzare il volume.

Per comprendere bene la storia della polizia di Stato il libro è diviso in tre periodi: il primo dal 1852 che segna la sua fondazione fino al tramonto dello Stato Liberale (1922); il secondo dall’avvento del fascismo alla fine della Seconda Guerra mondiale; il terzo dal periodo della Ricostruzione fino alla Riforma della Amministrazione della Pubblica Sicurezza del 1981. La storia della Polizia è storia di governi, alla esigua ma combattiva Polizia delle origini non mancarono idee e progetti per una riforma che l’avrebbero potuta far accrescere e affermare come avrebbe meritato. Già nel 1852 l’istituzione del Corpo delle Guardie di P.S., militarizzato e dipendente dal Ministero dell’Interno, fu dovuta alla esigenza di ordine pubblico legate alla guerra contro l’Austria-Ungheria per garantire la sicurezza dei cittadini, all’inizio i reclutati furono solo un centinaio.

Nel 1861 il personale del Corpo era arrivato a quota 1.628. 400 unità furono dislocate in Toscana, 1.435 nell’ex Regno delle Due Sicilie. In quel periodo ci furono perturbamenti dell’ordine pubblico come la rivolta per il macinato in Val Padana, il fenomeno del brigantaggio al Sud specie in Abruzzo (di cui tratteremo in altro articolo, ndr). Il nuovo personale fu assunto spesso in base a criteri clientelari e opportunistici. Emblematico ciò che avvenne a Milano dopo il ricongiungimento della Lombardia al Regno di Sardegna, quando le nuove autorità dovettero decidere sulla sorte dei 1.449 “ex sbirri”, che erano stati arruolati come volontari nella Polizia austriaca. Nel 1867 Bettino Ricasoli, presidente del Consiglio dell’epoca, consigliava i Prefetti, in una circolare, “a reclutare il personale di Polizia tra i ceti più bassi della popolazione” per trovare «uomini umili disposti ad abbracciare una vita di pane amaro».

Nel 1870 l’attività della Polizia era rivolta a bloccare i tentativi dei Repubblicani a insorgere contro i Savoia. All’inizio del Novecento i corsi di addestramento dedicati alle guardie erano basati sullo studio della lingua italiana e rudimenti di aritmetica, piuttosto che su tecniche di polizia. Il prefetto Mosca ha messo in evidenza che la riforma della Polizia intesa come vicinanza al cittadino è partita nel 1960 con il prefetto Vicari che sentì la necessità di avvicinare i corpi di polizia alle esigenze della popolazione mentre prima erano drasticamente staccate. Nel volume si parla di nuova scienza nella polizia quando nel 1848 apparvero le prime foto segnaletiche di pregiudicati. Le riprese furono effettuate su disposizione della polizia di Birmingham e nel 1854 adottate anche in Svizzera.

All’inizio del primo conflitto mondiale, si moltiplicarono le agitazioni operaie a influenza socialista. L’arresto di Benito Mussolini nell’aprile del 1915 ne è la prova fotografica (l’immagine a sinistra). Nell’ottobre del 1917 fu creato l’Ufficio Speciale Investigativo  (USI) dipendente dal Ministero dell’Interno e con a capo Giovanni Gasti, un brillante funzionario di P.S. di origini piemontesi che si trovò a operare per la prevenzione e la repressione dello spionaggio e la vigilanza degli stranieri sospetti, molti dei quali – specie austriaci o tedeschi – furono internati all’inizio della Prima Guerra Mondiale in campi situati in Sardegna. Obiettivo del controspionaggio fu il partito socialista e gli ambienti dell’estremismo di sinistra. Tra le prime inchieste di Gasti, vi furono quelle di  trovare coloro che avevano affondato la Corazzata Benedetto Brin e la nave da battaglia Leonardo da Vinci, poco prima della dichiarazione di guerra.

Scovare le spie degli austro-ungarici nel nostro territorio, ma anche a Berna ove era una centrale spionistica austriaca. L’USI aveva sede a Roma in Piazza Santi Apostoli al numero 73. Negli anni 20 a seguito di un sempre maggiore afflusso di reclute nei ranghi del partito di Mussolini, fu creato da Nitti la Regia Guardia per tenerli a bada perché era chiaro al governo, dice Indro Montanelli in Storia d’Italia, che: «Esercito, Carabinieri e le Forze armate regolari parteggiano per i fascisti». In seguito la Regia Guardia fu soppressa. Nel 1927 fu il capo della Polizia Arturo Bocchini a creare un organo speciale di polizia politica che nel dicembre 1930 si chiamò  OVRA –Organizzazione Vigilanza Repressione Antifascismo – di cui Mussolini si avvalse per, come dice lo storico Mauro Canali in alcuni suoi libri «scoraggiare sul nascere qualsiasi velleità di opposizione di fronte al regime».

Dopo l’8 settembre 1943 si verificarono innumerevoli allontanamenti di funzionari di Polizia che andarono a rafforzare le formazioni partigiane. Nelle zone che erano in mano alla RSI – Repubblica sociale Italiana – la Guardia Repubblicana di Salò si lamentava della mancanza di collaborazione da parte della Pubblica Sicurezza locale. Durante l’occupazione di Roma da parte dei tedeschi molti della Polizia si opposero coraggiosamente all’occupante, favorendo la Resistenza romana. Il dopoguerra vide la Polizia oggetto di contestazione (foto a destra), il miracolo economico e la crisi degli anni settanta con occupazioni di università, i fatti di Valle Giulia ebbe con il prefetto Vicari come ha dichiarato il prefetto Mosca nel suo intervento «egli fu il maggior assertore che il poliziotto doveva avere tra i suoi valori professionali non solamente i principi costituzionali di libertà, ma la consapevolezza di essere utile agli altri. Con la sua delicata attività creò le condizioni di mantenimento dell’ordine e della sicurezza, per una crescita economica dell’intera Nazione. La legge 121 del 1 aprile 1981 ha ridisegnato lo scenario e il modello scelto per una sicurezza condivisa e partecipata e più adeguata ad una concezione democratica dell’autorità».

Il prefetto Gabrielli nel suo intervento conclusivo  ha voluto ringraziare oltre al dottor Camposano anche gli altri autori: Giulio Quintavalli e Fabio Ruffino che hanno trattato il capitolo su “La Pubblica Sicurezza durante la Grande Guerra”, Antonio Michele Laurito, già direttore dell’Ufficio storico e autore de “La polizia con le stellette”, il prefetto Carlo Mosca che nel suo intervento ha trattato il “valore storico-politico e sociale della riforma del 1981.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Giancarlo Cocco

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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