Riuscirà Biden a riconquistare il Golfo Persico?

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Le monarchie sunnite temono un ritorno alla politica obamiana, ovvero linea morbida verso l’Iran e buoni rapporti con il Qatar

Quale sarà la politica di Joe Biden nel Golfo Persico? Dalla nuova Amministrazione Usa dovremo aspettarci una netta rottura con la linea-Trump e l’avvio di una “restaurazione” dei vecchi rapporti dell’epoca obamiana? È la domanda che si pongono le varie monarchie sunnite, a cominciare da quella saudita. A Riyadh e nelle capitali della Penisola cresce la sensazione che le relazioni con Washington stiano andando verso un peggioramento, per via di una probabile distensione degli Usa con l’Iran sciita e di un possibile riavvicinamento con la Turchia, entrambi molto prossimi all’odiato Qatar: Doha è infatti il grande sponsor di quell’islam politico legato alla Fratellanza Musulmana, cosiddetto “moderato” (che tanto moderato poi ha dimostrato di non essere), con cui Barack Obama aveva aperto, in modo talvolta azzardato, una linea di credito in Medio Oriente (Siria e Irak) e Nord Africa (Egitto e Libia).

L’alleato Donald

Donald Trump con il principe saudita Mohammed bin SalmanE infatti, dopo i difficili rapporti con la precedente Amministrazione Dem, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti avevano scovato in Donald Trump un inatteso alleato: complice anche la politica di disimpegno americano in Medio Oriente, i governi di Riyadh e Abu Dhabi si erano trovati inaspettatamente a ricoprire un ruolo strategico in quel progetto di “Nato Araba” a cui l’Amministrazione Trump, attraverso la vendita di armamenti di precisione ai sauditi e di aerei F-35 Stealth agli emiratini, intendeva appaltare il ruolo di poliziotto regionale contro il regime degli Ayatollah e il suo programma nucleare.

Si torna indietro?

Ora, con il ritorno dei Democratici alla Casa Bianca, anche la politica mediorientale degli Usa potrebbe essere improntata ad un ritorno al passato. Biden ha infatti già annunciato che non farà sconti ai sauditi sul tema dei diritti umani e che sospenderà la vendita di armi alla monarchia wahabita, ma soprattutto ha promesso che negozierà il rientro degli Usa nell’Accordo sul nucleare iraniano, fortemente sostenuto nel 2015 da Barack Obama e sconfessato nel 2018 da Trump, che lo riteneva troppo accomodante nei confronti della Repubblica islamica, arci-nemica degli emiri del Golfo Persico ma anche di Israele.

La crescente preoccupazione

L'ex Segretario di Stato John Kerry e il Ministro degli Esteri iraniano ZarifCon la sola eccezione del Qatar, che dopo la rottura del 2017 con i sauditi e i loro alleati si è avvicinato a Teheran, i Paesi della Penisola arabica hanno tratto vantaggio geopolitico dalle tensioni Usa-Iran, e una politica di distensione con conseguente alleggerimento delle pressioni economiche su Teheran è adesso vista con preoccupazione. Come anche non piace l’ipotesi di un Biden che spinge i propri alleati arabi ad una riappacificazione con Doha: anche se ciò probabilmente non avverrà durante la prima metà del mandato, è probabile infatti che la nuova Amministrazione alla Casa Bianca lavorerà a una normalizzazione dei rapporti tra gli emirati del Golfo e il Qatar, allo stesso modo di come Trump è riuscito a spingerli a fare nei confronti di Israele.

 

Alessandro Ronga
Foto © The White House, US Department of State, Wikicommons/Skidmore

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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