Mario Tchou, la tragica morte dell’ingegnere di Olivetti

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Mario Tchou

La sua visione era in anticipo di dieci anni rispetto agli studi di americani e russi

Seguito dell’articolo uscito in data 16 Febbraio 2021 “Olivetti: la tragica morte di Mario Tchou” e di quello in data 8 Febbraio: “Adriano Olivetti, l’imprenditore geniale che morì misteriosamente”

 

La scomparsa di Adriano Olivetti, il 27 febbraio del 1960, mise in luce una certa fragilità dell’azienda. Le sue idee furono considerate troppo avveniristiche. Roberto Olivetti, il figlio che prese in mano l’azienda, non aveva il carisma del padre. Infatti, pur continuando la politica del genitore, non ebbe mai la fiducia dei parenti. L’acquisto nel 1959 della Underwood, colosso americano di macchine da scrivere in gravi difficoltà finanziarie, e la creazione della divisione di elettronica, con a capo Mario Tchou, comportarono ulteriore indebitamento.

Il laboratorio di Elettronica a Borgolombardo

Nel 1958 Adriano Olivetti aveva fatto trasferire il laboratorio di Mario Tchou a Borgolombardo, poco fuori Milano. Fu proprio in quell’anno che Adriano cercò di sondare nuovi mercati oltre la cortina di ferro. Valutando, anche, di esportare i suoi prodotti, tecnologicamente avanzati, nella Cina comunista di Mao, tra cui il rivoluzionario progetto Elea 9003. La moglie di Tchou, Elisa, intervistata dalla giornalista Secrest, ricorda che suo marito parlava spesso di realizzare un computer per il mercato dei privati. «Mi mostrò una scatola di fiammiferi, dicendomi che un giorno, l’enorme Elea sarebbe stato tutto lì dentro».

Tchou visionario

Mario TchouLa visione di Tchou era in anticipo di dieci anni rispetto agli studi di americani e russi. L’ingegnere italo-cinese riprese i contatti che si erano interrotti dopo la morte di Olivetti. Aveva pianificato un viaggio in Cina a Pechino e poi negli Stati Uniti. Ma le autorità italiane lo avvisarono che se fosse entrato in Cina non ne sarebbe più uscito. Le sue competenze in elettronica facevano gola al regime di Mao, così decise di annullare tutto.

In quel periodo storico i sovietici stavano sviluppando sofisticati missili balistici. Motivo per cui gli Usa misero in atto azioni d’intelligence, spendendo milioni di dollari, per carpire aggiornamenti tecnici da altri laboratori di ricerca.

La morte di Mario Tchou e del suo autista

Il 9 novembre del 1961, quando avvenne la tragica morte di Tchou, questi aveva un appuntamento importante a Ivrea, in Piemonte. Doveva discutere di una fondamentale miglioria al software dell’Elea 9003 che avrebbe sbaragliato la concorrenza americana.

Mario TchouCome riportò “La Stampa” dell’epoca, il suo giovane autista, Francesco, era un guidatore esperto. L’auto su cui viaggiavano era una imponente Buick Skylark, lunga cinque metri acquistata in Svizzera. Dotata di tutti i confort con alzacristalli elettrici e un potente motore V8, era un’auto che si notava sulle nostre strade, ove circolavano solo Topolini e Fiat 600. Sfrecciando sulla Milano Torino, che all’epoca era solo a tre corsie, attirò certo l’attenzione. Tchou si era sistemato dietro e approfittava di quel viaggio per lavorare. Nei pressi dello svincolo per Santhià, la Buick si schiantò contro un autocarro, OM Leoncino, guidato da un autista anziano. Il quale dichiarò: «La Skylark era nella corsia centrale, in quanto aveva appena superato un altro camion, e tornando nella sua sbandò da un lato. Troppo vicino al mio Leoncino per riuscire a evitarlo». Per Tchou e l’autista la morte fu immediata.

Le cause

Le indagini sull’incidente furono chiuse frettolosamente dalla polizia. Le prove si limitavano alla testimonianza dell’anziano autista bergamasco del camion. Secondo la giornalista Secrest, il tentativo di Adriano e di Tchou di contattare Unione Sovietica e Cina si sarebbe scontrato con gli interessi degli Usa. I quali non potevano permettere alla Olivetti di far accedere le due potenze nemiche a segreti industriali di grande interesse.

Dubbi sullo strano incidente

La Secrest ha mostrato la fotografia dell’auto incidentata al proprietario di una officina meccanica di Rochville nel Maryland, Jose Zamara. Il quale conosceva bene quel modello della Buick e spesso consultato dalla polizia per casi simili. Zamara si è detto dubbioso che la colpa dell’incidente fosse attribuibile al guidatore. Secondo l’esperto la Skylark «fu colpita sulla fiancata da un autocarro proveniente in direzione opposta ma non necessariamente il Leoncino OM».

Il verdetto della polizia fu che l’autista di Tchou era ubriaco“. Un commissario della polizia italiana, padre di un giovane dirigente che lavorava alla Olivetti, giunse sulla scena prima che la Buick fosse rimossa. Trovò entrambe le vittime distese sul sedile posteriore e aprendo la portiera lato passeggero, fu investito da una pesante zaffata di alcool. La cosa lo insospettì in quanto, conoscendo Tchou e il suo autista, sapeva che nessuno dei due beveva“.

L’analoga morte del generale americano Patton

La Meryle Secrest nel suo libro, segnala che nel 2008 apparve un articolo sul Daily Telegraph, riguardante il contenuto di un libro di recente pubblicazione dello scrittore Robert R.Wilcox. Il quale in un decennio di ricerche e interviste, aveva raccolto prove che suggerivano che il generale americano George Patton era stato assassinato per ordine delle alte sfere statunitensi. Patton morì nel dicembre del 1945 a Heidelberg in un incidente analogo a quello di Tchou.

Il 9 dicembre 1945 si dirigeva in auto a una battuta di caccia, quando la sua auto si scontrò con un autocarro. Patton che era seduto sul sedile posteriore urtò violentemente la testa. Morì dopo dieci giorni di atroci sofferenze all’età di sessanta anni”.

In un primo tempo si parlò di incidente, ma molti anni dopo un membro dell’Oss -Office of Strategic Service – il servizio segreto statunitense della seconda guerra mondiale e precursore della Central Intelligence Agency – CIA – confessò di essere stato reclutato dal governo americano. In più confessò come responsabile della morte di uno dei più grandi eroi militari americani, il generale Patton. Questiera divenuto un forte critico del governo americano. Era convinto della inevitabilità di una guerra contro i sovietici. Anzi auspicava di riarmare subito l’esercito tedesco, per impiegarlo con gli anglo-americani contro l’Armata Rossa. Sabotando, quindi, gli accordi di Jalta per la spartizione del Mondo in influenze, insomma una mina vagante”.

 

Giancarlo Cocco

Foto © Formula Passion, madre Russia

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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