Nella geopolitica del calcio non esiste l’Unione europea

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SUPER LEAGUE

Super League, implode il progetto volto a scardinare lo status quo

Nicola Sbetti, storico dello Sport – ospite di Check Point su RaiNews24 – dà con una sua frase il titolo al nostro articolo. Chiariamo subito che la Super League, se ieri sembrava un supereroe, oggi rimane una partentesi imbarazzante – e costosa – per molti club.

Entriamo subito nel merito della bagarre, mediatica e affettiva

Tra le ragioni dell’inversione a U vi sono i risultati di un sondaggio della britannica YouGov. Secondo questa comunità globale il 79% degli appassionati di calcio si è opposto alla creazione della Super League europea, con solo il 14% a favore, mentre il 51% vorrebbe che i club separatisti fossero cacciati dalla Premier League e le Coppe Uefa. Risultato quasi raggiunto.

Il 19 aprile il governo britannico e le autorità calcistiche hanno lanciato una furiosa controffensiva contro il piano di dare vita alla Super League europea. Capo d’accusa: minaccerebbe l’intera struttura del gioco del calcio.

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Chi lo ama, lo gioca e lo tramanda come filosofia, alza gli scudi.

Come Marcelo Bielsa, cui è intitolato uno stadio in Argentina. Tecnico del Leeds, iconica bandiera di un calcio di altri tempi che nelle ultime ore sembrava in ginocchio e forse ora si è rialzato, ne racchiude il senso profondo in poche parole.

«Una delle ragioni per cui il calcio è lo sport più diffuso nel mondo, è perchè i deboli possono battere i potenti».

Il segretario alla Cultura del Regno Unito, Oliver Dowden – supportato da Downing Street – aveva promesso di fare «tutto il necessario», come ad esempio «limitare i permessi di lavoro per i giocatori stranieri, o rendere più difficili le esenzioni di viaggio durante la pandemia» per contrastare i piani dei 12 membri fondatori. Sei club leader inglesi, tre football club spagnoli e altrettanti che portano sul petto il Tricolore.

Dowden aggiungeva di sapere dalle sue conversazioni con la Premier League che «stanno già proponendo di fare dei passi piuttosto draconiani per fermare tutto questo». «Non saranno in grado di ignorare il fragore quasi universale di indignazione della comunità calcistica sentito nelle ultime 24 ore».

Con lui Julian Knight, parlamentare conservatore che presiede il comitato per il digitale, la cultura, i media e lo sport – Dcms. «Tutto è ancora sul tavolo» promettava la Dcms. Avevano ragione.

Pressioni sui club

Geopolitica dunque. La stessa parola, che si apre a diventare concetto, si sussurra fuori dalle saracinesche dei bar sport italiani, dei pub inglesi, dei locali spagnoli de La Liga Twentynine’s. Fino a ieri erano tre le nazioni coraggiose, o affamate (in campo 3,5 miliardi di euro), ufficialmente interessate al progetto.SUPER LEAGUE Nella notte tutto è mutato. Ora sarebbe un mega derby ItaliaSpagna finanziato dalla mitica JPMorgan.

Il secondo tempo della partita è ancora da giocare?

Oggi Dowden riprende voce, rivendicando che il colpo è stato troppo duro, occorre una svolta. «Hanno completamente sbagliato a valutare la forza dei sentimenti dei tifosi, dei giocatori e dell’intero Paese», dice. Poi tuona: «Rimango convinto della necessità di una riforma. Dobbiamo assicuraci che ciò non accada mai più».

La Super League non sembra in accordo, anzi resta altrettanto «convinta che l’attuale status quo del calcio europeo debba cambiare».

La Federsupporter – associazione di tutela dei diritti dei tifosi – prende posizione circa la creazione della Superlega. Dura la nota che chiede l’espulsione da Serie A e penalizzazione di Milan, Inter e Juventus.

«Il recente proclama dei 12 club costituenti la Superlega ha inferto un colpo mortale, non solo e non tanto all’impianto europeo del calcio (Uefa, Fifa, Lega Calcio Serie A), ma ad un ultimo baluardo dell’idea di una Europa unita intorno ad un “centro di gravità permanente”: il calcio».

Federsupporter ritiene che “l’iniziativa della Superlega” infatti, “sia riuscita in una impresa quasi impossibile: incidere su una realtà popolare condivisa, distruggendo storia, tradizioni, passioni sacrificate sull’altare di necessità finanziarie per un business globale solo economico”.

Un impero in bilico

Distruzione del calcio, dicono già i politologi italiani che trascorrono ll proprio tempo in Tv. Dopo mesi di pandemia ci rendiamo conto che il mondo che fu non è terminato. Rassicuriamoci (o no): tutto è come prima. Il calcio sa ancora occupare le prime pagine dei quotidiani: Il calcio etico è una menzogna. Super-rivolta. Colpo di Stato. Calcio, scoppia la rissa. Lo fa a dispetto della preoccupazione collettiva sulle riaperture/mancate aperture delle attività commerciali, del verdetto Floyd, del video (sotto accusa) di Beppe Grillo.

Alcuni ne saranno rassicurati, molti rimangono invece inorriditi.

Nonostante il recente lutto e le fatiche relazionali con il fratello Harris, ha parlato anche il principe William, duca di Cambridge e presidente della Federcalcio britannica. Condividendo le preoccupazioni dei tifosi, definiva la mossa dei club in fuga – Manchester United, Liverpool, Manchester City, Chelsea, Arsenal e Tottenham Hotspur – a rischio «di danneggiare il gioco che amiamo».

«Ora più che mai, dobbiamo proteggere l’intera comunità calcistica – dai massimi livelli al calcio di base – e mantenere al centro i valori di concorrenza e correttezza». Più che una dichiarazione, una condanna. In una giornata fitta di scosse telluriche, Boris Johnson avvertiva che il governo avrebbe «sganciato una bomba legislativa» per fermare la Super League. Il calcio è stato «una delle grandi glorie del patrimonio culturale di questo Paese», ha dichiarato il premier alla conferenza stampa di Downing Street altrimenti dedicata al coronavirus.

Cadono rumorosamente le tessere del domino

L’organo di governo del calcio europeo, la Uefa, ha intanto minacciato di bandire tutti i giocatori coinvolti dalla Coppa d’Europa quest’anno e la Fifa del mondo del prossimo anno.

Le notizie si rincorrono, al termine della riunione della Super League risulta che Barcellona e Atlético restano, Manchester City abbandona il progetto. Il manager Pep Guardiola, poco prima aveva ammesso di non essere favorevole alla nuova competizione. Il calcio «non è uno sport in cui non esiste il rapporto tra lo sforzo e il successo, tra lo sforzo e la ricompensa». All’ora della buonanotte il Chelsea è ancora in stand-by.

Poi cambia di nuovo tutto, il sistema collassa. Ma la notte è lunga, e all’alba non rimane che la metà delle squadre prescelte. Il Regno Unito esce dai giochi.

Nella prima mattina di oggi la situazione è questa:

  • le 6 squadre britanniche hanno fatto dietrofront,
  • i restanti membri della Super League stanno riconsiderando “i modi più appropriati per rimodellare il progetto”,
  • Milan e Inter stanno (forse) ritirando il loro sostegno, lasciando solo Juventus, Real Madrid, Barcellona e Atlético Madrid dei 12 firmatari originali.

Aleksander Ceferin, presidente della Uefa, dopo il ritiro dei club britannici, si dice lieto.

Inizia con una riflessione: «è ammirevole ammettere un errore e questi club hanno commesso un grosso errore». Termina con tono paternalistico: «ma ora sono tornati all’ovile e so che hanno molto da offrire, non solo alle nostre competizioni, ma a tutto il calcio europeo. La cosa importante ora è che procediamo, ricostruiamo l’unità di cui godeva il gioco prima di tutto questo e andiamo avanti insieme».

Il monito strumentale e la retorica dei grandi campioni

Nelle ore concitate della rivolta c’è addirittura chi dà voce al pensiero che esprimerebbe Diego Armando Maradona. «Non sarebbe d’accordo», proclama il fratello Hugo. «Lui difendeva i più deboli, ora si parla di una lega dei più potenti».

Nella retorica rispolverata per le grandi occasioni, leggiamo. «Questo è uno sport in cui una squadra come il Leicester City può salire dalla League One al titolo di Premier League in meno di un decennio, guadagnandosi il diritto di affrontare i pesi massimi europei in Champions League». «Invece, una piccola manciata di proprietari vuole creare un impero chiuso di club d’élite al vertice del gioco – un campionato basato sulla ricchezza e sul riconoscimento del marchio piuttosto che sul merito. Non staremo a guardare il calcio che viene vilmente spogliato delle cose che lo fanno amare a milioni di persone in tutto il Paese».

Il gruppo separatista

Secondo indiscrezioni, già ieri Milan e Inter avrebbero preso in considerazione la possibilità di andarsene, lasciando sole la Juventus e il trio spagnolo Real Madrid, Atlético Madrid e Barcellona come ultimi membri del gruppo separatista.

«Nonostante l’annunciata partenza dei club inglesi, costretti a prendere tali decisioni a causa della pressione su di loro, siamo convinti che la nostra proposta sia completamente allineata alle leggi e ai regolamenti europei», è scritto su un comunicato della Super League EuropeaESL.

Super League non ha dubbi. «Date le circostanze attuali, riconsidereremo i passaggi più appropriati per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi di offrire ai fan la migliore esperienza possibile, migliorando i pagamenti di solidarietà per l’intera comunità calcistica». Anche Atlético e Inter hanno abbandonato la nave.

Siamo alle semifinali. A metà mattina sentiamo Andrea Agnelli affermare convinzione circa la validità delle battaglie con la Uefa, non ancora finite. E poi una frase che costa bilioni: «Superlega senza le inglesi? Non è più il caso».

Il titolo in borsa perde il 12,7%.

Stiamo per desinare, e anche il Milan è fuori. Mentre attendiamo il sorteggio dei gironi olimpici di calcio di Tokio 2020, il Milan dichiara di aver accettato l’invito a partecipare al progetto Super League con la genuina intenzione di offrire la migliore competizione europea possibile. Per i fan di calcio di tutto il mondo e nel migliore interesse del club e dei propri tifosi.  

«Il cambiamento non è sempre facile, ma l’evoluzione è necessaria per il progresso» si legge. Tuttavia, le preoccupazioni espresse da fan e stakeholder sono sin troppo chiare. Cosicché «il Milan deve essere sensibile alla voce di chi ama questo meraviglioso sport. Continueremo a lavorare sodo per fornire un modello sostenibile per il calcio».

Tiriamo un sospiro di sollievo, almeno per un aspetto non indifferente. I giocatori delle squadre aderenti al progetto Super League non rischiano più il minacciato allontanamento dalle rispettive nazionali ai mondiali del Qatar 2022. Sempre che cessi la violazione dei diritti umani nell’Emirato, in campo e fuori dal terreno di gioco.

E qualcuno, al di là della Manica, si chiede se la mossa della Super League non sia stata che una cortina di fumo. Sollevata per consentire alla Uefa di portare avanti i suoi piani di Champions League in formato svizzero per le competizioni a partire dalla stagione 2024/25.

36 squadre invece di 32, trasformazione dalla tradizionale fase a gironi a una singola fase di campionato che includa tutte le squadre partecipanti. Garantito un minimo di 10 partite per club contro 10 diversi avversari (cinque partite in casa, cinque in trasferta) anziché le precedenti sei partite contro tre squadre, giocate in casa e in trasferta.

Mettiamoci comodi, le riforme di Uefa Champions League, Europa League ed Europa Conference League saranno presto visibili sugli schermi televisivi. E qualcuno ne godrà i diritti.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © HG, Sky Sport, Antonio Bronic/Reuters, The Guardian

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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