Parte l’intervento dell’Alleanza Atlantica come pattugliamento costiero sulle frontiere esterne dell’Unione europea, “anticipo” di una futura guardia costiera
La NATO invierà cinque navi – tre delle quali nell’immediato – ad est del Mar Mediterraneo per sorvegliare le coste greche e turche e contrastare il flusso di migranti verso l’Europa attraverso la lotta al traffico di esseri umani.
A conclusione della riunione dei ministri della Difesa NATO, l’11 febbraio scorso, ne ha dato notizia Jen Stoltengerg, segretario generale dell’Alleanza Nord Atlantica: «L’obiettivo della missione è quello di partecipare agli sforzi internazionali per fermare il traffico illegale e l’immigrazione irregolare attraverso il Mar Egeo».
Sarà operativo in attività di ricognizione, monitoraggio e pattugliamento sui traffici illegali di migranti il 2° Gruppo Navale Permanente della NATO in collaborazione con Frontex, agenzia Ue in carica della gestione delle frontiere.
Dopo le iniziali riserve di Turchia e Grecia sulla presenza NATO nelle proprie acque, l’accordo è stato raggiunto di concerto con la Germania che guiderà la missione. Se n’era già discusso a dicembre scorso a Bruxelles e ora la decisione viene presa in meno di 24 ore – fatto di per sé straordinario per i tempi organizzativi della NATO – per essere resa pubblica nel momento in cui decine di migliaia di siriani sono in fuga dai bombardamenti russi di Aleppo per cercare rifugio in Turchia.
Non si conoscono nei dettagli le modalità operative della missione, ma si rende a conoscenza che, di fronte alle deboli e discusse capacità greche nella gestione dei flussi migratori, i migranti intercettati nel traffico dalla missione NATO saranno respinti in Turchia. A tal proposito ha tenuto a specificare Stoltengerg che «la missione non intende bloccare o respingere le imbarcazioni di migranti quanto piuttosto contribuire alla raccolta di informazioni e al pattugliamento volti a contrastare reti criminose di traffico di esseri umani».
Questioni come la migrazione non sono di competenza NATO a cui spetta invece – per mezzo di una difesa estesa ai suoi 28 membri – il mandato di garantire la sicurezza del mondo occidentale da minacce rivolte contro di esso. Potrebbe darsi che l’aver giustificato il ricorso ad aerei di ricognizione Awacs con la lotta internazionale a Isis sia stata una scelta tattica per motivare il coinvolgimento NATO in affari come l’immigrazione. La presenza NATO sul confine turco-siriano completerebbe questa tesi. Incontrando la cancelliere Angela Merkel, il premier turco Davutoglu, ha infatti puntualizzato come «la NATO non sia direttamente interessata all’affare migranti e che i Paesi attivi nella missione ne utilizzeranno la capacità di monitoraggio sulla frontiera con la Siria e nell’Egeo». Anche fonti della Difesa britannica confermano l’approccio di Davutoglu sebbene quest’ultimo colga puntualmente l’occasione per indirizzare alla Russia la responsabilità per la creazione degli attuali e importanti flussi migratori che si riversano in Turchia.
La verità è che la questione migranti ricade per intero sull’Unione europea anche quando si riporta la cronaca su Turchia e migrazioni. Indubbiamente Ankara dovrà dimostrare di saper rispondere a importanti “sollecitazioni umanitarie” e al contempo di restare politicamente salda. I tre miliardi di dollari accordati dalla Ue a Erdoğan non sono stati ancora erogati perché Bruxelles vuole chiarezza e intende consegnare alla Turchia un piano operativo dettagliato sull’utilizzazione del budget.
Pur rappresentando il primo intervento dell’Alleanza NATO nell’affare europeo dell’immigrazione, la missione sarebbe distinta dall’idea che aveva in mente il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker quando a ottobre scorso proponeva la presenza di una forza di controllo e pattugliamento costiero sulle frontiere esterne all’Ue. Eppure un portavoce dell’esecutivo comunitario riferisce della missione NATO come ad un “anticipo” della guardia costiera dell’Unione europea. La missione NATO sembra far parte di una strategia geopolitica di altro ordine definita “ibrida” in sede di consiglio dell’Alleanza così come sono state nominate pure le potenziali minacce.
Nel 2015 oltre 900mila migranti da Siria, Afghanistan e da altre zone devastate da guerre sono arrivati in Grecia dalla Turchia. Numerosi altri in fuga da queste zone sono entrati in Europa per mare partendo dalla Libia. Da nord hanno attraverso le Repubbliche dell’Ex Unione Sovietica diretti in Scandinavia. Stando ai dati elaborati dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), nei primi due mesi del 2016 hanno perso la vita nel Mar Egeo 409 migranti.
Elisa Gennaro
Foto © European Union (apertura e seconda Angelos Tzortzinis)