Andy Warhol. In mostra a Roma un’icona del nostro tempo.

0
554
Blue Shot Marilyn (1964) © The Brant Foundation, Greenwich (CT) USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2014

L’arte nell’epoca del consumismo e della riproducibilità tecnica.

“Metti uno spioncino nel mio cervello, due penny per sbirciare, vorrei essere una galleria, mettervi tutti nel mio spettacolo”, con questi versi fra l’ironico e il divertito David Bowie, nell’ormai lontano 1971, delineava un eccentrico ritratto di Andy Warhol nell’omonima canzone a lui dedicata, un tributo sembra poco gradito dal guru della Pop Art. Due artisti camaleontici, accomunati dalla capacità di restare al passo con i tempi, riuscendo sovente ad anticiparli. L’eclettismo e l’inesausta vitalità permettono infatti a Warhol di leggere con immenso acume i mutamenti della società di massa.

A questo lucidissimo interprete della contemporaneità, la Fondazione Roma Museo dedica una mostra monografica, allestita negli spazi di Palazzo Cipolla e composta da circa 150 opere provenienti dalla collezione di Peter Brant.

Anche Warhol, come numerose altre icone degli anni 60’ e 70’, ha rischiato di terminare prematuramente i propri giorni, consegnandosi all’olimpo delle star estinte anzitempo. Il 3 giugno del 1968 infatti una squilibrata, sventolando il vessillo del femminismo più estremo, gli spara conducendolo sull’orlo dell’abisso. Eppure si salva, grazie alla perizia dei medici che lo rianimano per ben due volte. Un’esperienza che intensifica la sensazione della propria finitezza, anche se individuare un mutamento radicale della sua arte a partire da questo momento appare come una forzatura. In realtà Warhol è stato sempre ossessionato dallo scorrere del tempo e dalle sue conseguenze.

Self Portrait (red on black) (1986) © The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2014
Self Portrait (red on black) (1986)
© The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA
© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2014

Il percorso espositivo racconta interamente il suo variegato percorso creativo. Warhol artista in grado di leggere la malattia del proprio tempo e di prevederne gli effetti, capace di anticipare la proliferazione folle e incontrollata dei mass media, svelando nel contempo il fascino morboso della celebrità e del denaro.

Su tutto aleggia la morte, dalla quale si sente fatalmente attratto. Lo sguardo di Warhol su questo evento inevitabile è quello del passante che si ferma a sbirciare fra le lamiere contorte di un’auto dopo un incidente (si veda ad esempio Green disaster del 1963), è quella dell’uomo comune che a parole rifugge quegli spettacoli cruenti che in realtà lo affascinano, come nell’antichità (e non solo) si assisteva alle esecuzioni di piazza (emblematica è in tal senso la proliferazione delle sedie elettriche in Twelwe electric chairs del 1964).

Warhol è questo ma anche molto di più. La storia del ragazzo povero, figlio di immigrati, che passa dalla miseria degli slums alle gallerie d’arte newyorkesi è certo l’incarnazione più eclatante del sogno americano. Eppure la sua figura appare a tratti sfuggente, minata da una inguaribile timidezza. Dubbi sussistono sull’effettiva data di nascita, solitamente indicata nel 1928. Una parrucca e un paio di occhiali neri ne occultano sovente le fattezze, tanto che Warhol non esita a servirsi di un sosia per alcune conferenze nelle università americane. I numerosi autoritratti fotografici presenti in mostra tracciano la storia di una crisi identitaria, un camuffarsi ed un sottrarsi al mondo che sembra contrastare con il suo status di icona pop.

I denigratori sostengono che egli non si sia mai affrancato dalle origini di vetrinista e designer, che sia rimasto un pubblicista e non un artista autentico, per citare il duro giudizio di Jannis Kounellis. Eppure nessuno può negare la sua capacità di utilizzare l’arte come un mezzo per imprimere nelle coscienze fatti che avvenivano alla luce del giorno, senza che gli altri se ne rendessero effettivamente conto, nessuno può minimizzare la sua influenza sull’immaginario collettivo dell’attualità.

Warhol creatore della Factory, folle laboratorio artistico frequentato dai personaggi più svariati, Warhol scopritore dei Velvet Underground, forse la band più influente di sempre, Warhol cineasta sperimentale sino alle estreme conseguenze, in definitiva un artista multiforme e poliedrico, come poliedrica è la realtà in cui viviamo.

La mostra, proveniente dal Palazzo Reale di Milano dove ha mietuto grande successo, rende giustizia ad una tale ampiezza di interessi. Si parte dalle eccentriche scarpe a foglia d’oro e dalle Campbell’s soup, attraverso tutta la ritrattistica più nota ed i coloratissimi Flowers, fino ad una Last supper intesa come omaggio a Leonardo da Vinci. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica mostra i suoi segreti ed i meccanismi che la governano. La logica dell’originale ad ogni costo, dell’inviolabilità sacrale del capolavoro viene rifiutata in favore di un’arte specchio della società, governata dalla pubblicità e dal consumismo sfrenato.

I Rolling Stones in Hanover Square (1964) © Terry O'Neill
I Rolling Stones in Hanover Square (1964)
© Terry O’Neill

Nei medesimi territori si muove la retrospettiva dal titolo Terry O’Neill. Pop Icons, intelligentemente affiancata all’esposizione principale, una carrellata di scatti del fotografo britannico dedicati alle maggiori icone del mondo cinematografico, musicale ed artistico nel senso più ampio del termine, dai Rolling Stones a David Bowie, da Audrey Hepburn a Robert Mitchum, un ulteriore tassello aggiunto a quel culto dell’immagine che è il vero dominatore del nostro tempo.

Riccardo Cenci

 

Warhol

Palazzo Cipolla – Roma

18 aprile – 28 settembre 2014

Orario: lunedì dalle 14.00 alle 20.00

Da martedì a domenica dalle 10.00 alle 20.00

Biglietti: intero € 14,00 – ridotto € 12,00

Catalogo: 24 ORE Cultura

www.warholroma.it

Terry O’Neill. Pop Icons

18 aprile – 28 settembre 2014

 

Articolo precedenteLa Polonia celebra i suoi primi dieci anni d’Europa
Articolo successivoSiti web di viaggi: dalla Ue indagini a tappeto per tutelare i consumatori
Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui