Cibo e salute per una popolazione che invecchia

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Meno sale e zucchero, più sostanze utili: la ricerca Nestlé sta già studiando gli alimenti del futuro. Seguendo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

Tumori, malattie cardiovascolari, patologie ossee e muscolari, disordini mentali e neurologici. L’allungamento della durata media della vita e il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, soprattutto nei Paesi più ricchi, prospettano uno scenario tutt’altro che roseo sul fronte salute nei prossimi anni. Si vive più a lungo, ma la qualità della vita non va di pari passo con il numero di anni guadagnati rispetto al passato. Le malattie legate all’invecchiamento rendono l’ultima fase della vita complicata e nel contempo sempre più onerosa per il sistema sanitario in vigore nei diversi Stati.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), entro il 2050 due miliardi di abitanti del pianeta avranno più di 60 anni (attualmente, questa fascia di età ammonta a 605 milioni). Un cambiamento epocale, che impatterà sui consumi e sugli stili di vita. Riguarderà anche l’insorgenza di alcune patologie connesse all’età avanzata, come la demenza senile, che passerà dai 44 milioni attuali di persone colpite a 135 milioni entro il 2050, sempre secondo l’Oms.

Mai come ora invecchiare bene deve diventare una priorità, soprattutto per la popolazione europea, che raggiungerà i 150 milioni di persone over 65 entro il 2050 (dato Eurostat). Prepararsi a un mondo che invecchia significa creare contesti “age-friendly”, che aiutino le persone anziane a socializzare e a mantenersi attive, anche nell’ottica di preservare la loro autonomia il più a lungo possibile. Per prevenire l’insorgere di malattie croniche occorre agire molto presto, già in giovane età, limitando i fattori di rischio (alcol, fumo, obesità, esposizione a sostanze tossiche). Non è mai troppo tardi, secondo l’Oms: chi smette di fumare fra i 60 e i 75 anni riduce il rischio di morte prematura del 75%.

Senioren auf Sitzbank, Grömitz, DeutschlandIl cibo rappresenta una leva formidabile per godere di una salute migliore anche in tarda età. «Siamo quello che mangiamo», diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach. Mai come ora, nell’era della sovrabbondanza alimentare nei Paesi più ricchi, quanto mettiamo nel piatto ha delle conseguenze anche a lungo termine sulla nostra salute.  Gli alimenti del futuro dovranno fare i conti con una popolazione che invecchia e la partita è già iniziata. Nestlé, la più grande azienda mondiale nel settore alimentare, è in prima linea nella ricerca. Il suo fiore all’occhiello è il Nestlé Institute of Health Sciences, con sede a Losanna, dove lavorano 110 scienziati provenienti da tutto il mondo, con l’obiettivo di studiare l’invecchiamento, il metabolismo, la salute del cervello. Questo centro fa parte di un network globale di ricerca e sviluppo, di cui fa parte anche il Nestlé Research Center, ubicato sempre a Losanna. Per tutti, la parola d’ordine è reclutare i migliori talenti internazionali.

Oltre al valore nutritivo dei cibi, al loro sapore e alla sicurezza, attualmente i ricercatori che lavorano per Nestlé si muovono anche su altri ambiti, giocando d’anticipo. Per esempio, si tenta di prevedere i pericoli che possono comparire in futuro nella produzione del cibo, si cercano proteine alternative, si studia come ridurre il contenuto di sale e di zucchero negli alimenti, senza perdere in gusto. Questa continua messa a punto mira anche a ridurre il rischio di obesità – che necessita, comunque, di un’alimentazione equilibrata – e persino a proteggere dalle allergie.

«Con l’età, si tendono a evitare alcuni cibi», commenta Alexandre Voirin, responsabile del programma Healthy Ageing e vicedirettore del Nestlé Research Center di Losanna, il più grande centro di ricerca privato al mondo. «Di conseguenza, possono verificarsi alcune mancanze a livello nutrizionale, che possono influire negativamente sull’autonomia e sulla qualità della vita della persona. Per migliorare la vitalità di questa fascia d’età della popolazione, stiamo studiando come aggiungere alcuni elementi negli alimenti. Per esempio, il potassio, che riduce la pressione sanguigna e migliora la salute cardiovascolare. Oppure il ferro, spesso carente anche nelle donne più giovani». Naturalmente, la sfida per una multinazionale alimentare con migliaia di brand in tutto il mondo è come aggiungere queste sostanze, senza alterare l’appetibilità dei piatti. Per esempio, se si aggiunge ferro a una zuppa di pollo, il colore diventa più scuro. Il cibo proposto, quindi, diventa meno attraente per il consumatore, che prima di mangiare sceglie con i sensi, e soprattutto con la vista. Il processo di ricerca e di messa a punto di un nuovo prodotto – dall’ideazione di una soluzione ai test finali – può durare anche cinque anni, al termine dei quali, se non si supera l’esame, si ricomincia da zero.

Maria Tatsos

Foto © Nestlé, Karl Heinz Spremberg/GHDI

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Maria Tatsos
Giornalista professionista, è laureata in Scienze Politiche e diplomata in Lingua e Cultura Giapponese presso l'IsiAO di Milano. Attualmente lavora come freelance per vari periodici femminili, collabora con il Museo Popoli e Culture del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e con il Centro di Cultura Italia-Asia. Tiene corsi di scrittura autobiografica ed è autrice di alcuni libri, che spaziano dai diritti dei consumatori alle religioni asiatiche. È autrice del romanzo storico "La ragazza del Mar Nero" sulla tragedia dei greci del Ponto (2016) e di "Mai più schiavi" (2018), un saggio su Biram Dah Abeid e sulla schiavitù in Mauritania, entrambi editi da Paoline. Nel tempo libero coltiva fiori e colleziona storie di giardini, giardinieri e cacciatori di piante che racconta nel corso "Giardini e dintorni".

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