Kokocinski: il teatro, lo spirito e la maschera

0
692

In mostra nella sede romana di Palazzo Cipolla un’arte forgiata nell’urlo e nel furore, dal gusto spiccatamente scenografico

Scenografica e visionaria l’arte di Kokocinski, forgiata dall’incrocio di multiformi culture e tradizioni, tormentata come la biografia del suo autore, costretto a un’esistenza erratica e inquieta. Nato a Porto Recanati da madre russa e padre polacco, nei primi anni sessanta si trasferisce in Argentina. Ancora fanciullo il mondo circense lo cattura, spingendolo ad esibirsi come acrobata in spettacoli equestri, ma l’avvento della dittatura militare lo conduce verso il Cile. Continente inquieto quello latino americano, poco incline ad accogliere un artista scomodo, sempre pronto alla denuncia politica. Quando Allende cade, Kokocinski è già in Europa. Si trasferisce nella tranquilla Umbria, quasi un rifugio dopo tanto vagabondare. Oggi lavora e vive a Tuscania, a conferma del rapporto privilegiato con l’Italia.

Palazzo Cipolla gli dedica una bella retrospettiva incentrata sul tema della maschera da Pulcinella al clown, fortemente voluta dal prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele. Un evento, occorre sottolinearlo, a ingresso gratuito, che conferma la peculiare vocazione della Fondazione Roma, indirizzata verso una diffusione della cultura la più ampia possibile.

Ma torniamo all’arte di Kokocinski, alla sua particolare alchimia fra barocchismi di derivazione italica, Kokocinski -254simbolismi russi e atmosfere sudamericane. Il Goya delle pitture nere e il Bacon più distorto sembrano incontrarsi nell’eclettismo della sua ispirazione, filtrati attraverso un immaginario felliniano. Volti e maschere intrappolate nella materia lottano per liberarsi, come i prigioni michelangioleschi, forme che gridano a piena voce la propria incompiutezza, in bilico fra l’essere e il non essere, fra la condizione terrena e l’anelito trascendente. Il visitatore viene quasi aggredito dalla loro presenza. Scenografie del dolore, si potrebbero definire, a volte solcate da una caustica ironia.

Qualsiasi barriera fra opera d’arte e spettatore viene abolita. Le maschere, come doccioni di una immaginaria cattedrale, si protendono verso l’esterno quasi volessero prendere vita. Una sorta di danza macabra prende vita di fronte ai nostri occhi, animata da personaggi strani e irriverenti che paiono sbucare direttamente dai misteri medioevali o dalle processioni popolari.

La sua arte è un tentativo di addomesticare la morte, e in questo ricorda Frida Kahlo, è una ridda di maschere alla Ensor o un fuoco d’artificio puntato verso il cielo, e qui viene in mente Chagall. Citazioni costellano la sua opera ma, lungi dal risultare didascaliche, si amalgamano in una visione totalmente nuova e originale.

Kokocinski 197La molteplicità dei materiali usati riflette una concezione onnivora del fatto artistico. Pannelli lavorati con tradizionali mezzi pittorici, ma anche con ampio uso di resine e cartoni, il tutto in una visione di alto artigianato. Niente è definitivamente compiuto, tutto arde e si trasforma come un universo preda di un demiurgo capriccioso.

Tauromachie di picassiana memoria, caroselli napoletani dove domina la maschera di Pulcinella, e ancora la marionetta folklorica di Petruška animano le diverse sezioni che articolano il percorso espositivo. Di tanto in tanto un volto orribilmente contratto come nelle famose maschere di Messerschmidt conservate a Vienna punteggia la narrazione con uno sberleffo o con un ghigno. Si cammina sul baratro fra sanità e follia. Un teatrino delle ombre e del sogno nel quale perdersi, come in quei labirinti che ornavano i giardini delle antiche dimore nobiliari.

Il suo universo è lacerato da un eterno dualismo. Luce e tenebra, disperazione e speranza si alternano inKokocinski 213 una partitura dalle continue oscillazioni emotive. In Yo quiero a la Argentina, y Ud? del 1977 troviamo ad esempio tutto l’orrore che il giovane artista prova nei confronti delle dittature. La figura semidistesa appare apatica e rassegnata, una sorta di fantoccio in balia di forze oscure che non riesce a comprendere. La sottile sagoma alata di Abbagliare il mondoin piedi in groppa a un cavallo a sua volta sospeso su una corda, è certo un ricordo delle giovanili esperienze circensi, filtrato attraverso una sensibilità spiccatamente poetica. Ci rammenta che siamo costantemente in bilico sul baratro del mondo, ma anche perennemente tesi verso il cielo.

Come lo squarcio di un lampo di luna affida tutto il proprio lirismo al cromatismo intenso e abbacinante. Sono solo nel cortile del mio cuore ci mostra Pulcinella librarsi in volo come un razzo, un’immagine che non può non richiamare certe figure di Chagall. Il bassorilievo di cartapesta su tela Quello che ho Quello che spero Tutto quello che sono Tutto quello che amo, oltre a rappresentare un esempio della libertà tecnica dell’artista, ci mostra l’eterno problema identitario della maschera.

Chi siamo? Dove stiamo andando? Tutte domande destinate inevitabilmente a restare senza risposta. Come nel ciclo di Wim Wenders dedicato agli angeli berlinesi, nell’arte di Kokocinski sentiamo prepotente la vicinanza del sacro, la presenza tangibile di un qualcosa di invisibile il cui alito di tanto in tanto ci sfiora facendoci trasalire di stupore.

Riccardo Cenci

***

Kokocinski

La vita e la maschera: da Pulcinella al clown

Palazzo Cipolla – Roma

17 settembre – 1 novembre 2015

Ingresso libero

Orari: lunedì ore 15.00 – 20.00

dal martedì alla domenica ore 11.00 – 20.00

catalogo: Skira

***

Immagini

In evidenza: Poesia
2013
Tecnica mista su pergamena
27 x 43 cm
Collezione Privata
Foto: © Manuela Giusto

In alto: Cercando l’Illusione
2012
olio su tela
194 x 130 cm
Fondazione Alessandro Kokocinski
Foto: © Manuela Giusto

Al centro: Come lo squarcio di un lampo di luna
2013
Tecnica mista
150 x 150 cm
Fondazione Alessandro Kokocinski
Foto: © Manuela Giusto

In basso: Yo quiero a la Argentina, y Ud?
1977
Olio su tela
150 x 130 cm
Collezione Privata

Articolo precedenteElezioni Grecia: vittoria di Tsipras. Alba dorata terzo partito. Sale l’astensione
Articolo successivo3 ottobre prima mondiale di SkyLight, opera lirica a tema scientifico
Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui