Quo vadis Europa? Dalla FeBAF risposte alla crisi

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Quo Vadis Europe 2015 FeBAF

Nei due giorni di workshop, economisti ed esperti hanno analizzato la situazione dell’Ue dopo la recessione e previsto scenari futuri: investimenti per uscire dalla crisi

Dove sta andando l’Europa? Per fare il punto sulla situazione economica dell’Unione e le prospettive future in un momento così delicato, il Centro Studi Economia Reale e la FeBAF, Federazione Banche, Assicurazioni e Finanza, hanno organizzato “Quo Vadis Europe 2015”, workshop di due giorni nella suggestiva location del Tempio di Adriano, con la partecipazione di esperti del settore economico e finanziario, studiosi e policy makers. Quali dovranno essere gli interventi delle istituzioni del Vecchio Continente per trascinare l’organizzazione definitivamente fuori dalla crisi, verso uno sviluppo sostenibile?

Quo Vadis Europe 2015 FeBAF

«Il processo di costruzione dell’Unione europea ha dimostrato di essersi fermato al disegno della tecnostruttura più che alla realizzazione del grande progetto democratico-politico dei padri fondatori», premette Luigi Abete, presidente della FeBAF. Sempre più è avvertita l’esigenza di una «buona Europa», prosegue Abete, in un periodo dove «la stabilità è privilegiata rispetto alla crescita», anche se «la risposta delle istituzioni è stata comunque utile a delineare segnali di ripresa». Resta importante «accogliere come opportunità la decisione di concentrarsi su pochi elementi chiave, come il Piano Investimenti e l’Unificazione dei Mercati Capitali», perché come «conseguenza culturale della crisi c’è un’eccessiva avversione al rischio», mentre «investimenti non potrà che essere la parola chiave di quest’Europa». Insieme a «talento, sacrificio, lavoro duro».

«L’economia europea viene da un periodo di scarsa crescita, purtroppo questa caratteristica rimarrà, ma in maniera meno accentuata che in passato», l’analisi di Emilio Rossi, Senior Advisor della Oxford Economics. «C’è il ritorno di un giro di investimenti che dovrebbe fare da traino alla crescita», cui si aggiungono «la svalutazione e il basso prezzo del petrolio». Queste condizioni favorevoli, a giudizio di Rossi, aumentano «la possibilità di credito alle imprese. Aspettiamo anche da questo lato una spinta agli investimenti e alla produzione industriale». Qualche buona notizia riguarda anche l’Italia, «siamo usciti da 5 anni di recessione e la crescita dei primi sei mesi dell’anno è stata migliore di quello che ci aspettavamo». Anche con una crescita zero nel secondo semestre, verrebbero raggiunti gli obiettivi di governo di inizio anno e dopo incrementi del Pil generalmente definiti “da prefisso”, con percentuali allo zero virgola, «sembra ragionevole pensare che nella media dell’anno si possa finire all’1%».

Quo Vadis Europe 2015 FeBAFSe l’Europa fatica, gli Stati Uniti non se la passano molto meglio, certo «sempre meglio dell’Europa, ma non secondo le attese», sostiene Dominick Salvatore, economista italo-americano della Fordham University. Il tasso di disoccupazione è sì sceso dal 10% del 2009 al 5%, ma la statistica non tiene conto «di un 4% che, stanco di non trovare impiego, è uscito dalla forza lavoro». Altrimenti saremmo ancora vicini a quel 10%, con la differenza che quella stessa forza lavoro è cresciuta di circa 4 milioni di unità, per cui «siamo in un deficit di quattro milioni di posti di lavoro», aggiunge Salvatore. Tuttavia gli Stati Uniti possono contare su un fattore in più rispetto all’Unione europea: la flessibilità, che permette una «crescita più veloce. L’Europa cerca di regolamentare l’economia, gli Usa vanno nella direzione opposta». Paradossalmente il presidente Barack Obama ha sperato che «gli Stati Uniti fossero più come l’Europa, ma la maggioranza non vuole. Siamo più dinamici e non vogliamo un’economia così regolamentata».

Quo Vadis Europe 2015 FeBAFQuali ricette dunque? Un primo passo, per il presidente di Economia Reale Mario Baldassarri, è il superamento del trattato di Maastricht, dove «furono fissati parametri validi in un momento in cui tutto era diverso». Sono passati solo una ventina di anni, ma all’epoca si pensava «che la crescita sarebbe stata per sempre del 5% nominale di Pil», con una svalutazione prevista del 2% ecco il calcolo del 3% del rapporto tra Pil e deficit, che si riteneva avrebbe garantito la stabilità. Ma «ora abbiamo un altro mondo, geopolitico e geoeconomico. Sono emersi Cina, India e altri Paesi, ma soprattutto non abbiamo più i numeri. L’inflazione è vicina allo zero, quando non tende alla deflazione, la crescita è sullo zero striminzito. La mia proposta è rivedere Maastricht alla luce di questi dati storici e prospettici, per renderlo più rigoroso e meno stupido». Con dei meccanismi correttivi che stimolino gli investimenti dei Paesi più virtuosi, si potrebbe costituire «un volano importante per la crescita economica». Rivedendo i parametri, «la Germania e l’Italia avrebbero un 5% in più nel Pil, la Francia il 4,5%».

Quo Vadis Europe 2015 FeBAFAnche la Banca Centrale, con Mario Draghi e il suo “quantitative easing” (creazione di moneta con interventi di mercato aperto, ndr), sta correggendo alcune sue valutazioni errate di politica monetaria, «si è dimostrato che con il cambio euro/dollaro non più a 1,30/1,40 ma a 1,10, c’è stato un forte impulso alla crescita. Se non avessimo avuto il “super euro” ma la parità col dollaro i risultati sarebbero stati ancora più clamorosi». In conclusione, dare le colpe alla crisi mondiale e statunitense non sarebbe del tutto corretto, «certo ha influenzato, ma la radice vera è interna all’Europa». Per l’Italia «le prospettive a bocce ferme sono che la recessione è finita, per i cali di euro e costo del petrolio, non per decisioni nostre. Ma la crisi non è finita. Il segno è passato da meno a più, ma siamo agli zero virgola o all’1%, per recuperare il 10% perso dal 2007 ci vorranno altri 10 anni. Possiamo permetterci 10 anni di attesa? Credo di no», sicuramente andrà sfruttata questa «finestra positiva di opportunità». L’appuntamento con “Quo Vadis” sarà nel 2017, fino ad allora ci sarà tempo di verificare «se ci hanno dato retta. Saremo in recupero o ancora in fondo al pozzo della crisi, risaliti solo di qualche centimetro?».

Raisa Ambros

Foto © FeBAF; controcampus.it

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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