Numerose iniziative, fra le quali una grande mostra al Guggenheim di New York, mirano approfondire gli influssi della sua poetica sull’arte del Novecento
La vocazione artistica di Alberto Burri (1915-1995) manifesta sin dal principio una matrice ombrosa, una volontà di andare a fondo nel cuore della tenebra più oscura. Non a caso parte come volontario per la guerra d’Abissiania, come spinto da un’attrazione fatale. Dopo la laurea in medicina si specializza in malattie tropicali, con l’intenzione di andare a vivere in Africa. In realtà sarà ancora la guerra, alla quale partecipa in veste di ufficiale medico insieme al fratello Vittorio, a condurlo sul fronte libico. Caduto prigioniero degli inglesi e deportato nel campo di Hereford in Texas, viene mortificato nella propria professionalità. Trattato alla stregua degli altri prigionieri, privato della possibilità di aiutare gli altri, matura un’attitudine pittorica che è quasi un grido di ribellione, un’affermazione di libertà assoluta. Lavora con mezzi di fortuna. Quando gli manca il colore bianco utilizza il dentifricio, prefigurando la propria predilezione per la materia.
Entrano ora nel vivo le celebrazioni per il centenario della nascita dell’artista, con l’inaugurazione della grande mostra al Guggenheim di New York (dal 9 ottobre 2015 fino al 6 gennaio 2016), il completamento del Cretto di Gibellina e il convegno internazionale di Perugia del 20 e 21 novembre prossimi.
Alberto Burri: the trauma of painting è il titolo, particolarmente significativo, della retrospettiva newyorkese. Una volta rimpatriato dopo la prigionia, l’artista trova un Paese devastato, estremamente povero e umiliato dal conflitto. Burri reagisce con l’istintività che gli è propria. L’arte diviene quindi un mezzo di riscatto, una maniera per affermare la propria individualità. Ai primi quadri figurativi e alle successive opere astratte sostituisce un percorso del tutto personale, radicato nella materia. L’evento estetico diviene esperienza fisica. Quasi subito abbandona gli strumenti tradizionali del pittore lavorando la superficie tramite combustioni e lacerazioni. I materiali vengono di volta in volta cuciti, saldati, fissati insieme come se l’artista volesse ricompattare i brandelli di un mondo esploso.
La mostra newyorkese, la prima in oltre trentacinque anni nella metropoli statunitense, vuole mostrare gli influssi della sua poetica sull’arte del Novecento, evidenziando inoltre il dialogo con il minimalismo americano. Cento le opere esposte, alcune per la prima volta al di fuori degli italici confini.
Burri cercava nell’arte la solidità del terreno. Ed ecco allora un’intera sezione dedicata al famoso Cretto di Gibellina, centro urbano distrutto dal sisma del 1968. Burri interviene direttamente sui ruderi della città vecchia. Le rovine vengono inglobate nel cemento, una sorta di immenso labirinto ma anche un sepolcro che oggi viene completato e restaurato, dando vita alla più grande opera di land art esistente.
Completa il panorama celebrativo il convegno di Perugia, necessario appuntamento di riflessione critica. Una menzione merita inoltre l’uscita del nuovo Catalogo Generale delle Opere, promosso e curato dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, concepito in sei volumi editi sia in italiano che in inglese. Altre iniziative sono allo studio in numerose città d’Italia, mentre una grande mostra a Città di Castello in programma nella primavera del 2016 concluderà le manifestazioni.
Riccardo Cenci
Foto
In evidenza:
Rosso plastica (Red Plastic), 1961
Plastic (PVC), acrylic, and combustion on plastic (PE) and black fabric, 142 x 153 cm
Modern Art Foundation
© Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello/2015 Artist Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome
Photo: Massimo Napoli, Rome, courtesy Modern Art Foundation
Al centro:
Alberto Burri in his studio in Case Nove di Morra, Città di Castello, Italy, 1982
Photo: Aurelio Amendola © Aurelio Amendola, Pistoia, Italy
In basso:
Grande cretto nero (Large Black Cretto), 1977
Acrylic and PVA on Celotex, 149.5 x 249.5 cm
Centre Pompidou, Paris, Musée national d’art moderne/Centre de création industrielle, Gift of the artist, 1978
© Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello/2015 Artists Rights Society (ARS), New York/SIAE, Rome
Photo: © CNAC/MNAM/Dist. RMN-Grand Palais/Art Resource, New York