Pe: misure vincolanti per colmare divario retributivo di genere

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Nell’Ue la differenza salariale tra uomini e donne si attesta in media attorno al 16,4%. Divario più marcato in Italia, Germania, Austria, Repubblica Ceca

Gender pay gap, così viene definito all’interno dell’Ue il divario retributivo fra uomini e donne. La questione relativa alla differenza salariale di genere, purtroppo, è ancora attuale, sebbene l’Unione europea abbia ribadito in più occasioni come sia fondamentale per gli Stati membri colmare al più presto questo divario.

La problematica, sollevata già nel Trattato di Roma del 1957 è stata nuovamente evidenziata (anche a livello giuridico) con il trattato di Lisbona e nella Carta dei diritti fondamentali, fino ad essere considerata un’importante tappa per la realizzazione degli obiettivi della strategia di “Europa 2020”. Stiamo parlando di una strategia di crescita dell’Ue che ha come principale finalità quella di innalzare l’occupazione al 75% , eliminare esclusione e povertà per 20 milioni di persone, aumentare l’occupazione femminile e creare nuovi posti di lavoro qualificati. Il tutto, appunto, entro il 2020.

Nonostante queste premesse, il Parlamento europeo è stato nuovamente costretto a prendere atto del fatto che nel momento attuale ancora permangono notevoli differenze salariali fra uomini e donne e anzi, in alcuni Paesi dell’Ue, si registra addirittura una crescita del divario. Questa situazione ha spinto i deputati del Pe a sollecitare la Commissione affinché adotti una nuova normativa che utilizzi «mezzi più efficaci per vigilare sull’attuazione e l’applicazione della direttiva negli Stati membri».

La risoluzione non legislativa è stata votata proprio in questi giorni, ed è stata approvata con 344 voti favorevoli, 156 contrari e 68 astensioni.
Anna ZABORSKAAttualmente, infatti, gli Stati membri hanno dimostrato di non essere in grado di attuare strategie efficaci per far rispettare il principio di parità di retribuzione salariale. Questo è ciò che emerge dagli ultimi dati Eurostat che attestano un divario medio del 16,4%. C’è inoltre da considerare che la differenza di salario non soltanto penalizza le donne durante il periodo di attività lavorativa, ma anche successivamente, durante la pensione, esponendole maggiormente al rischio povertà.

Naturalmente, all’interno dell’Unione si registrano situazioni differenti da Stato a Stato, tuttavia il Pe ha considerato il recepimento del diritto nazionale «sufficientemente chiaro e conforme», soltanto in due Paesi: Francia e Paesi Bassi. Nel resto dell’Ue, si registra un divario più marcato in Stati quali l’Italia, l’Austria, l’Estonia, la Germania e la Repubblica Ceca e meno evidente in Polonia, Slovenia e Malta.

Ciò che emerge in modo evidente è che c’è ancora molta strada da fare affinché questo divario venga colmato. Perché, come ha sottolineato la relatrice Anna Záborská «La parità di retribuzione a parità di lavoro è un principio equo che deve essere valorizzato da tutti i datori di lavoro. Oggi – ha dichiarato la Záborská – non è così, e questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di una legislazione migliore».

Valentina Ferraro
Foto © European Commission and Parliament

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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