I Paesaggi Contaminati di Martin Pollack: viaggio in un’Europa che occulta i massacri del passato

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Il libro racconta di luoghi idilliaci che spesso nascondono, nelle viscere del suolo, un segreto orribile da dimenticare

Esiste un turismo bellico, che ogni anno trascina migliaia di visitatori anche in Europa sugli scenari di guerra più noti: la valle dell’Isonzo, dove nel corso della Prima Guerra Mondiale ci furono ben undici battaglie; Verdun, dove francesi e tedeschi si affrontarono per dieci mesi nel 1916; Omaha Beach e le spiagge di Normandia, diventate celebri per lo sbarco nelle leggendarie immagini di Robert Capa. E poi ci sono fortificazioni, trincee, monumenti, che gli appassionati di storia militare non si lasciano sfuggire.

Non sono, però, gli unici luoghi nei quali il sangue delle vittime intrise il suolo europeo. Nel corso del Novecento, che è stato un secolo di genocidi, un’infinità di paesaggi dall’aria innocente e bucolica – campi, boschi, colline, stagni, fiumi, a volte neppure così lontani dai centri abitati – divennero il palcoscenico in cui furono inscenati barbari eccidi di civili, combattenti e militari, i cui corpi furono sepolti con l’intento preciso di cancellare il ricordo delle vittime.

PAESAGGI-CONTAMINATI-COVER-def-csSono questi i “luoghi contaminati” di cui parla Martin Pollack, scrittore e giornalista austriaco (nella foto), nel suo saggio Paesaggi Contaminati. Per una nuova mappa della memoria in Europa. Quando paesaggi idilliaci celano oscuri segreti, edito da Keller,  che come una medicina amara ma necessaria scuote la coscienza di chi legge. Scrive Pollack: «Furono luoghi di uccisioni di massa, eseguite però di nascosto, al riparo dagli sguardi dal mondo, spesso con la massima segretezza. E dopo il massacro i colpevoli compiono tutti gli sforzi necessari per cancellarne le tracce. I testimoni scomodi vengono eliminati. Le cave in cui sono stati buttati i corpi vengono riempite di terra, appianate, in molti casi ricoperte di vegetazione (…) per far sparire le fosse comuni».

Queste tombe collettive non recano lapidi: sono invisibili, perfettamente mimetizzate nel paesaggio. Esistono nell’Est Europeo – Polonia, Romania, Ucraina, Bielorussia, Slovenia, ecc. – ma anche nel Burgenland austriaco, al confine con l’Ungheria, dove Pollack abita. Dalla lettura, si intuisce che a far scattare il desiderio di conoscere e comprendere i fatti da parte dell’autore c’è stata anche una motivazione personale. L’amato nonno, nazista, visse in un’area della Slovenia dove queste queste fosse comuni esistono. Suo padre, soldato di Hitler, uccise partigiani slovacchi ed ebrei, occultando i loro corpi con la stessa tecnica. Eppure, per Martin bambino, la Slovenia raccontata dal nonno, con i suoi boschi e la sua natura incontaminata, era un paesaggio magico. Solo con l’età adulta luoghi apparentemente idilliaci svelano il loro carico di odio se visti con gli occhi dello storico.

Nel viaggio virtuale attraverso i paesaggi contaminati che Pollack racconta, si scopre che le vittime furono soprattutto ebrei (ma non solo), a volte uccisi nell’indifferenza dei vicini. A Peremyschljany, in Ucraina, per esempio, convivevano pacificamente con polacchi e ucraini. Con l’arrivo dei nazisti, persero ogni diritto come cittadini, finendo in balia di chi voleva impossessarsi dei loro beni. Seimila persone furono trucidate.

Se gli alberi avessero la facoltà di parlare, potrebbero narrare storie atroci, di cui sono stati muti testimoni. Ciò che fa rabbrividire, nel libro di Pollack, è invece il desiderio delle persone che vivono in questi luoghi, anche oggi, di dimenticare. Di lasciare che le cipolle e i pomodori crescano indisturbati negli orti creati proprio dove ci fu una fossa comune.

Non si può tornare indietro per scongiurare i massacri avvenuti. Tuttavia – e questo è il messaggio di Pollack – bisogna restituire la dignità di un nome e, ove possibile, di una sepoltura adeguata a queste vittime. Solo così si può neutralizzare l’odio di chi ha voluto ucciderli come animali, umiliandoli anche dopo la morte, ridando loro l’umanità negata attraverso la memoria.

Maria Tatsos

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Martin Pollack

Paesaggi Contaminati. Per una nuova mappa della memoria in Europa. Quando paesaggi idilliaci celano oscuri segreti.

Keller Editore

140 pagine, 14 euro

 

 

 

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Maria Tatsos
Giornalista professionista, è laureata in Scienze Politiche e diplomata in Lingua e Cultura Giapponese presso l'IsiAO di Milano. Attualmente lavora come freelance per vari periodici femminili, collabora con il Museo Popoli e Culture del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e con il Centro di Cultura Italia-Asia. Tiene corsi di scrittura autobiografica ed è autrice di alcuni libri, che spaziano dai diritti dei consumatori alle religioni asiatiche. È autrice del romanzo storico "La ragazza del Mar Nero" sulla tragedia dei greci del Ponto (2016) e di "Mai più schiavi" (2018), un saggio su Biram Dah Abeid e sulla schiavitù in Mauritania, entrambi editi da Paoline. Nel tempo libero coltiva fiori e colleziona storie di giardini, giardinieri e cacciatori di piante che racconta nel corso "Giardini e dintorni".

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