Una Festa del Cinema a colori con la proiezione in anteprima del documentario sulla presenza afro in 100 anni di film italiani, e lo spot degli «United Artists for Italy»
Faccetta nera, corpo dal forte sex appeal, esotismo e potenza fisica. Da un secolo a questa parte sul grande schermo e in tv non è molto cambiata la rappresentazione di chi ha un altro colore di pelle, origini geografiche e culturali diverse. La storia si ripete sempre…più o meno. Una storia fatta di stereotipi negativi e razzisti, banalità, pregiudizi, con l’assegnazione degli stessi ruoli agli attori afro di varie nazionalità e a quelli italiani di origine afro. Colf, prostituta, fratello della prostituta, baby sitter, venditore di tappetti, bodyguard, clandestino, nulla tenente, analfabeta, trafficante di droga, lavavetri e terrorista.
Zeudy Araya, la miss eritrea naturalizzata italiana per anni Venere nera della «Ragazza dalla pelle di luna». Harold Bradley, laureato in economia e una carriera di calciatore alle spalle, incastrato nei ruoli di Maciste e schiavo. Ines Pellegrini, Iris Peynado, Jonis Bascir, Livio Beshir, Tztà Abraham, Denny Mendez. Tanto per citare alcuni dei 500 protagonisti neri del cinema italiano dal 1915 ad oggi, per lo più rimasti nell’ombra. Parti davvero poco rispettose della loro identità ma che, soprattutto, alimentano un circolo vizioso in termini di diffidenza, paura dell’Altro, senso di superiorità del bianco con ripercussioni negative più o meno dirette sulla società italiana. Altro che cultura ponte di dialogo, convivenza, pluralismo e rispetto della diversità.
E’ questo lo spaccato sul mondo dello spettacolo raccontato da «Blaxploitalian, cent’anni di afrostorie nel cinema italiano», realizzato dal regista Fred Kudjo Kuwornu, 45 anni, bolognese di nascita da genitori ghanesi e newyorkese di adozione. Il documentario è stato proiettato alla Casa del Cinema di Villa Borghese nell’ambito della Festa del Cinema di Roma, in corso fino al 23 ottobre. Un lavoro frutto di lunghe investigazioni in centri di ricerche cinematografiche negli Stati Uniti, interviste di esperti e di attori che in Italia hanno vissuto sulla propria pelle la ristrettezza mentale e culturale di chi sulla carta dovrebbe essere invece più “aperto” e all’avanguardia. Attori, attrici ma anche registi, tecnici e altre figure professionali strumentalizzate, ghettizzate, sottovalutate e ignorate a causa della diffusa pigrizia mentale, della poca lungimiranza culturale e sociale.
Il titolo «Blaxploitalian» si riffa a un’espressione coniata negli States negli anni ’70 per indicare il binomio cinema nero (Black) e sfruttamento (Exploitation), con film realizzati a basso costo con incassi d’oro per Hollywood. Kuwornu lo racconta con grande serietà, con intelligenza, a tratti con toni intimisti e ironici, ma senza mai scivolare nel vittimismo. Si ride, e anche tanto. Una risata amara per le opportunità perse, per dinamiche così sedimentate e radicate che sembra difficile cambiare registro nel cinema e in televisione. Un documentario che invoglia alla reazione, all’azione, da parte degli attori di qualunque colore di pelle siano così come, ci auguriamo, da chi il cinema lo fa e da chi ne stabilisce le regole. Un filmato che uscirà ufficialmente nel 2017 e sicuramente scuoterà la mente anche degli spettatori.
«Blaxploitalian» apre un dibattito al momento opportuno – segnato dall’arrivo nell’isola di Lampedusa e nella fortezza Europa di migliaia e migliaia di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente – e dovrebbe anche interpellarci sul ruolo/responsabilità dei media nel raccontare una società sempre più multiculturale e allo stesso tempo sbilanciata, iniqua e discriminatoria.
Il lavoro di Kuwornu si inserisce in un dibattito aperto lo scorso febbraio con la controversia degli Oscars «So White» e le iniziative dell’attore Idris Elba. Le industrie cinematografiche di altri Paesi europei stanno cercando di colmare il divario tra rappresentazione della società e la realtà stessa delle nuove società multietniche.
Con il regista italo-ghanese un centinaio di attori, registi, scrittori italiani, di origine e appartenenza diverse ci hanno messo la faccia. Sui social gli «United Artists for Italy» hanno autoprodotto una campagna spot per dire basta «a una storia che non ci rappresenta» e promuovere «una narrazione del pluralismo, rispettosa della verità».
Nel 2014 l’Onu ha lanciato il Decennio internazionale degli Afro-discendenti. In Italia su 60 milioni di abitanti ci sono 5,4 milioni di residenti di altre nazionalità ai quali si aggiungono i 700.000 naturalizzati dal 1991. Quindi nel Belpaese una persona su dieci è di origine straniera. Una sfida accolta dalle istituzioni culturali consapevoli del potenziale creativo della diversità. Nel 2016 il ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha lanciato «MigrArti», premiando 16 registi di corti e documentari tra migliaia di filmati ricevuti. Lo scorso settembre il premio è anche sbarcato alla 73ma Mostra internazionale d’Arte cinematografica di Venezia.
Véronique Viriglio
Foto © Blaxploitalian, Kuwornu