La pizza, il brand del Paese tra i più copiati all’estero

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La pizza, il brand Italia

Inventata a Napoli così come la conosciamo oggi, questo piatto ha dal 2010 il riconoscimento di specialità garantita dall’Unione europea

L’Italia e la pizza, uno dei brand del Paese che, insieme alla pasta, gli conferisce un’identità ben caratterizzata. Un alimento dalle radici secolari, se non millenarie, reinventato in senso moderno a Napoli e dal 2010 investito dal riconoscimento di specialità garantita dell’Unione europea. Ma è stato il mondo intero ad adottarla e farla propria, soprattutto gli Stati Uniti, dove il consumo supera anche quello italiano.

La pizza, brand ItaliaLa lavorazione del frumento per produrre pane, schiacciate, focacce e pizza risale a circa seimila anni fa in Egitto e nella mezzaluna fertile del Medio Oriente, da quando l’uomo abbandonò la vita nomade per divenire stanziale. Ma momento cardine fu la scoperta dell’America, con l’importazione di numerose derrate tra cui il pomodoro, fondamentale nella preparazione delle “rosse”. Uno dei primi riferimenti moderni alla pizza, anzi alle “pizzelle”, è nella raccolta di opere napoletane del XVII secolo Il cunto de li cunti, in cui è descritto un disco di pasta ripiegato su un ripieno, ma la parola già viene usata in alcuni documenti in italiano volgare trovati a Gaeta alle porte dell’anno Mille, probabilmente una storpiatura della “pitta” del Mediterraneo orientale.

La pizza, brand ItaliaNel XVIII secolo compaiono i condimenti “sopravvissuti” ancora ai giorni nostri come la marinara e l’antesignana della margherita, che solo a fine ‘800, per l’esattezza nel 1889, avrà questa denominazione e diventerà il classico dei classici. Il nome viene infatti dalla regina della neo-unita Italia Margherita di Savoia, che in visita a Napoli con il sovrano Umberto I, viene accolta dal celebre pizzaiolo Raffaele Esposito proprio con il piatto a lei omonimo e dalla colorazione che richiamava la bandiera (il verde del basilico, il bianco della mozzarella, il rosso del sugo). Se la fama della margherita persiste, è anche per l’alto gradimento dimostrato da Sua Maestà! Dopo la Seconda Guerra Mondiale la pizza diventerà un piatto nazionale, travalicando i confini regionali. Ora abbiamo un giro d’affari intorno ai 10 miliardi di euro, con 100 mila impiegati fissi e altri 50 mila che si aggiungono nei fine settimana.

Come spesso avviene per diversi prodotti, l’Italia però difetta nella grande distribuzione e le catene più famose, come Domino e Pizza Hut sono a stelle e strisce. Così accade che gli americani consumino circa 13 kg di pizza pro capite ogni anno, quasi il doppio di quanto avvenga nel Belpaese (7,6 kg), Nella classifica riportata da Coldiretti seguono poi, su consumi livellati intorno ai 4 kg, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Portogallo e Austria.

La pizza, brand ItaliaDal 2010 è arrivata la protezione europea da imitazioni e falsi, grazie all’inserimento della pizza da parte dell’Ue fra i prodotti con riconoscimento di specialità garantita, sancito dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento CE 97/2010. Il marchio di fedeltà alla tradizione potrà essere esibito solo da una piccola parte delle 22 mila pizzerie del nostro Paese, perché dovranno essere rispettati i rigidi dettami tramandati dagli specialisti napoletani. La vera pizza non può superare i 35 cm di diametro ed essere spessa più di un terzo di centimetro al centro e con un cornicione dorato di 1-2 cm. La cottura, rigorosamente nel forno a legna, è di massimo un minuto e mezzo a 485 gradi, mentre per quanto riguarda gli ingredienti all’uscita dal forno, la pasta deve stare fra i 60° e i 65°, la mozzarella fra 65° e 70°, il pomodoro e l’olio fra 75° e 80°.

La pizza, brand ItaliaMa le insidie sono sempre dietro l’angolo. Solo una pizza su tre è veramente considerabile tale, visto che la maggior parte degli ingredienti viene dall’estero. La questione è centrale e diverse associazioni di ristoratori e di consumatori si sono strette a difesa del brand. Recente è anche la campagna di raccolta firme per il riconoscimento della pizza fra i patrimoni immateriali dell’Unesco lanciata dal presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo. Ovviamente la tradizione non sempre viene seguita, del resto le migrazioni fra Ottocento e Novecento e poi la globalizzazione hanno portato la pizza in ogni angolo del mondo, plasmandola ai gusti e alla disponibilità di ingredienti locali, con varianti che fanno storcere il naso ai puristi. Dalla famigerata “pizza Hawaii” con fette d’ananas alla finlandese con carne di renna, dall’uso di bulgogi (manzo marinato) e kimchi (verdure fermentate), tipici della Corea al canguro in Australia.

Insomma, il brand incontra il gusto di tutti a livello globale tanto che ogni Paese ha il desiderio di renderlo un po’ più proprio.

Raisa Ambros

Foto © peixeurbano.com.br; Informagiovani Agropoli; Silvio Cicchi; HotUKDeals; paesanopizza.co.uk

 

 

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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