Premiato a Grottammare Alec Carlberg, il “Muccioli svedese”

0
739

Il giornalista del Nord Europa, sull’esempio di San Patrignano, ha creato nel suo Paese – secondo del Continente per morti di overdose – un sistema di recupero dei tossicodipendenti

Alec Carlberg cittadino svedese di Stoccolma e giornalista, non è un semplice turista che da 40 anni, d’estate, passa le sue ferie sull’Adriatico a Grottammare, ma è anche un osservatore attento  delle dinamiche sociale e del welfare italiano. Per lui il Belpaese è la terra che lo ha ispirato a promuovere in Svezia, sull’esempio di San Patrignano, un sistema di recupero dei tossicodipendenti che ha chiamato “Basta” attraverso il lavoro e la trasmissione di conoscenze. Per questo suo impegno ha ricevuto vari riconoscimenti, anche dalla Regina di Svezia.

   Alec Carlberg (a sinistra) col sindaco di Grottammare Enrico Piergallini

Questa volta è stato il sindaco di Grottammare, Prof. Enrico Piergallini che ha voluto premiare Carlberg, affezionato turista, con una preziosa serigrafia di Pericle Fazzini, nativo di Grottammare (1913-1986) che è stato tra i più celebri esponenti della scultura internazionale (sue opere sono nei più importanti musei del mondo ma anche in Vaticano, con la “Resurrezione” nell’Aula Paolo Sesto, un pregevole Crocifisso posizionato nella Hall dei Musei Vaticani, per citarne alcuni).

Secondo dati aggiornati al 2017 dell’Osservatorio europeo delle droghe e tossicodipendenze, la Svezia è il secondo Paese del Continente per morti di overdose. Contro una media europea di 22 morti per milione di abitanti, la Svezia ne registrava 62,6 nel 2012 ed è oggi salita a 100 per milione di abitante. La fondazione di “Basta” è avvenuta nel 1994 a Tingsatra quando cinque persone si trasferirono in una proprietà agricola di 54 ettari non lontano da Stoccolma per iniziare una cooperativa di lavoro aperta a chi volesse uscire dalla tossicodipendenza. L’idea venne a Alec Carlberg fondatore di “Basta” dopo essere venuto in contatto con cooperative sociali in Italia. La caratteristica che distingueva le cooperative italiane da quelle svedesi era l’inserimento in posizioni di importanza di persone con esperienze proprie di tossicodipendenza.

Ci dice Carlberg nella breve intervista che ha rilasciato a Eurocomunicazione nella sala di Rappresentanza del comune di Grottammare: «il termine “Basta” significa anche per noi una volta per tutte, eliminiamo la tossicodipendenza. Al momento abbiamo oltre 200 tossicodipendenti ospitati in cinque cooperative». Molte di queste cooperative sono diventate aziende di successo. Ogni azienda sociale è diretta dagli stessi utenti. Il controllo delle attività sono nelle mani di persone che un tempo erano socialmente emarginate per tossicodipendenza grave. I posti di responsabilità sono ora occupati da persone che si sono riabilitate a “Basta”: la riabilitazione parte dalla necessità di intraprendere un “viaggio personale” per riconquistare il controllo della propria vita. ”Basta” è uno strumento terapeutico che porta ad un costante rafforzamento della fiducia in se stessi. Le cooperative si avvalgono anche di fondi europei. Durante le otto ore di lavoro si allena continuamente la capacità di comunicare con gli altri e risolvere i problemi della vita quotidiana. A “Basta” si acquisiscono notevoli competenze professionali per riconquistare la fiducia in sé stessi. Ora si è costruita in Svezia, una organizzazione di produzione e vendita di prodotti e il 55% dell’introito deriva dalla vendita commerciale.

Ritornando all’evento di Grottammare il sindaco Piergallini nel suo intervento ha affermato: «l’incontro con Alec è stato illuminante: con consapevole intelligenza della realtà italiana ha messo a confronto quella svedese creando un organismo che dovrebbe essere esportato in molti regioni d’Europa». Carlberg nel ringraziare i tanti amici presenti, ha rivelato che la passione per Grottammare risale al 1978 quando l’allora consorte insistette per venire in Italia in questa località mentre lui voleva andare in Portogallo. E ha sottolineato i cambiamenti avvenuti in questi anni nella cittadina: «all’inizio nei ristoranti c’eravamo io e la mia famiglia e qualche cameriere che guardava le partite alla tv. A Rimini era un’altra cosa, ora invece c’è molta professionalità ovunque. La cittadina si è molto trasformata ma gli amici sono rimasti gli stessi».

 

Giancarlo Cocco

Foto © Giancarlo Cocco

Articolo precedenteCaspio: in Kazakhstan la riunione tra i cinque Paesi rivieraschi
Articolo successivoUe, 740 milioni per progetti di ricerca alle università italiane
Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui