L’Italia rassicura l’Azerbaigian: «Il gasdotto TAP si farà»

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Il viceministro De Vincenti ieri a Baku per la posa della prima pietra del nuovo corridoio energetico Southern Gas, il cui segmento finale giungerà nel Salento.

«Il Corridoio Southern Gas rappresenta senza dubbio una rivoluzione nel campo del trasporto del gas»: con queste parole – riportate dall’agenzia di stampa azera Trend News –  il Viceministro per lo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti ha salutato ieri a Baku la posa della prima pietra dell’imponente infrastruttura destinata a portare in Italia il gas proveniente dall’Azerbaigian. «E’ un momento molto importante che celebra le conquiste di obiettivi strategici nel campo della valorizzazione delle risorse energetiche del Mar Caspio. Questi risultati sono il frutto di 20 anni di cooperazione tra Azerbaigian e varie società petrolifere, inaugurata giusto vent’anni fa», ha detto il vice di Federica Guidi.

L’ultimo segmento del Corridoio Southern Gas è il gasdotto transadriatico TAP (Trans Adriatic Pipeline): lungo circa 870 chilometri, si collegherà con quello transanatolico (TANAP) vicino al confine tra Turchia e Grecia, attraverserà quindi il territorio ellenico e quello albanese fino alla città di Fier, per poi tuffarsi nell’Adriatico e sfociare in Puglia, nella zona di San Foca (Lecce), da dove poi, attraverso la rete di trasporto gestita da SNAM Retegas, il metano proveniente dal Mar Caspio verrà portato sui principali mercati dell’Europa Occidentale, come Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera ed Austria.

Nonostante l’accordo per la costruzione del TAP risalga al febbraio 2013, solo di recente nel Salento ha acquistato forza un agguerrito movimento “No-TAP“, composto da cittadini, associazioni e amministrazioni locali che si oppongono alla costruzione dell’infrastruttura. Ragioni ambientali alla base della protesta, esplosa la scorsa settimana in occasione della visita del premier Matteo Renzi all’apertura della Fiera del Levante a Bari: sebbene il ministro dell’Ambiente italiano Gianluca Galletti abbia confermato per decreto la compatibilità dell’opera con l’ambiente circostante, il timore dei No-TAP è proprio che il gasdotto possa danneggiare le risorse naturali di un’area che ha nel turismo la sua primaria fonte di reddito.

Ma De Vincenti è sembrato voler rassicurare gli investitori che con il TAP non si ripeterà l’esperienza della TAV in Val di Susa. «Il ruolo del mio paese è stato quello di sostenere il progetto TAP fin dall’inizio – ha continuato il viceministro -. TAP rappresenta un importante volano per la diversificazione dell’approvvigionamento di gas sia per l’Italia e l’Europa. Uno dei principali obiettivi previsti dalla nostra strategia nazionale è quello di continuare a migliorare la nostra sicurezza di approvvigionamento, in particolare nel settore del gas. Ecco perché il governo italiano è impegnato a portare avanti il progetto TAP», ha concluso De Vincenti.

Alla luce anche del deterioramento dei rapporti economici con Mosca, l’Italia sembra sempre più convinta di poter trovare nell’Azerbaigian un fornitore di gas alternativo alla Russia: a maggio in particolare erano circolate negli ambienti economici internazionali voci insistenti – poi smentite – su di un “congelamento” del progetto South Stream (di cui l’Eni fa parte per il 20%) da parte di Roma a favore del TAP.

La costruzione del gasdotto dovrebbe iniziare nel 2016 La capacità iniziale del gasdotto sarà di 10 miliardi di metri cubi all’anno, ma può essere facilmente ampliato a 20 miliardi di metri cubi all’anno.

Gli azionisti del progetto sono la British Petroleum, l’azera SOCAR, la norvegese Statoil (tutte al 20%), la belga Fluxys (16 per cento), la francese Total (10 per cento), la tedesca E.On (9 per cento), e la svizzera Axpo (5 per cento).

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons, 2012

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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