Ucraina: ultima chiamata per la diplomazia

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A rischio il vertice di Minsk di mercoledì. Putin scettico riguardo il piano di pace franco-tedesco.

4 novembre 1956: l’Armata Rossa entra a Budapest per porre fine alle sommosse popolari in Ungheria.

20 agosto 1968: i carri sovietici invadono la Cecoslovacchia, colpevole di aver avviato un processo di riforme invise al Cremlino.

Aprile 2014: i separatisti filorussi occupano i palazzi amministrativi nel Donbass. Il governo di Kiev denuncia il supporto militare fornito da Mosca ai ribelli. La Federazione Russa nega ogni coinvolgimento nel conflitto, ma difficilmente si potrebbe spiegare l’abbondanza di mezzi di cui dispongono i separatisti. Di fronte al rischio di perdere la propria influenza sull’Ucraina, il Cremlino gioca il tutto per tutto.

getImageDiversamente dagli eventi del passato che abbiamo provocatoriamente citato, in questa porzione del Paese parte della popolazione ha nostalgia dell’URSS. Ci troviamo di fronte ad uno scenario molto complicato, in quanto gli stessi abitanti sono divisi nelle proprie aspettative. Eppure quella che appariva come una semplice divergenza di opinioni, in un territorio che fino a poco tempo fa aveva rispettato le regole del vivere civile, si è trasformata in un conflitto dalle proporzioni inimmaginabili. Pur senza essere stata dichiarata ufficialmente, la guerra in Ucraina ha già fatto più di 5.000 morti.

Vladimir Putin dice di voler proteggere le popolazioni di origini russe dai “fascisti” ucraini, ma in realtà il conflitto si sta trasformando in una catastrofe umanitaria di proporzioni sempre più ampie. Migliaia gli sfollati (addirittura un milione secondo alcune fonti), numerosi i morti fra i civili. Il paesaggio del Donbass è ormai trasformato in un desolato campo di battaglia. Interi villaggi contadini sono stati rasi al suolo, le città ridotte a cumuli di macerie fumanti. Se l’intento era quello di proteggere la popolazione inerme, come sostiene il Cremlino, ci sembra sia fallito miseramente. L’unico risultato raggiunto è quello di aver alimentato un odio che, a questo punto, sarà arduo debellare. Mosca nega ogni sua partecipazione al conflitto, ma seguita a sedersi al tavolo delle trattative. In quale veste, verrebbe da chiedersi.

imageCALT6K8QTutto questo come conseguenza dei nuovi assetti europei seguiti alla caduta del Muro di Berlino. In realtà quell’evento, per quanto epocale, non è stato risolutivo. Il muro non è veramente caduto, ma si è solo spostato al confine fra la Polonia e l’Ucraina. Da un lato la UE, con le sue promesse di benessere, dall’altro un Paese depresso e ancora sotto l’influenza del gigante russo. Un popolo intero costretto all’emigrazione, sovente clandestina, da condizioni economiche disastrose. Vi è ancora un muro invisibile che separa il prospero occidente dall’Est dell’Europa. Oggi forse non si viene mitragliati se si cerca di attraversarlo, ma il viaggio è comunque pericoloso e ricco di insidie. Se un cittadino ucraino vuole varcare la frontiera, anche solo per turismo, deve chiedere un visto che, nella maggior parte dei casi, viene rifiutato con la motivazione “rischio immigrazione”. Scelta obbligata quella di trovare altre vie, entrando in un limbo di anonimato dal quale sovente è difficile uscire.

Tornando alla situazione attuale secondo Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera UE, la strada da seguire resta quella delle sanzioni economiche e della diplomazia. Eppure sino ad oggi tutto questo non è servito a fermare le violenze. Inoltre le sanzioni hanno un impatto forte sulle economie di alcuni Paesi europei, mentre poco incidono su quella americana. La cancelliera tedesca Angela Merkel ribadisce che l’invio di armi a Kiev non rappresenta una soluzione per un conflitto già sanguinoso, ma gli Stati Uniti paiono non aver abbandonato l’opzione degli aiuti militari, affermando il diritto dell’Ucraina alla difesa. In presenza di un esercito povero di mezzi, è facile prevedere una progressiva avanzata delle forze sostenute da Mosca, come dimostra l’intensificarsi dell’offensiva attorno a Mariupol. Anche il presidente ucraino Petro Poroshenko parla di armamenti da utilizzare a scopo difensivo, onde potersi sedere al tavolo delle trattative senza partire da una condizione di manifesta inferiorità.

Putin, dal canto suo, parteciperà al vertice di Minsk in programma mercoledì prossimo solo se verranno rispettate certe condizioni. A suo avviso la crisi è stata scatenata dall’Occidente, colpevole di voler estendere la propria influenza oltre l’area di sua competenza. Alla luce di queste dichiarazioni, ancora non è certo se il leader russo interverrà agli incontri di Minsk, e se questi avranno effettivamente luogo. Il punto più controverso è quello dello status da attribuire alle regioni in mano ai separatisti, ora più ampie rispetto agli accordi sottoscritti a Minsk lo scorso settembre e successivamente disattesi. Si parla della volontà di mantenere l’integrità territoriale dell’Ucraina, per dimostrare che il diritto internazionale non è stato violato. In realtà i separatisti non accetteranno un piano che non preveda per loro la completa autonomia da Kiev. Fra gli obiettivi dichiarati c’è quello di un immediato cessate il fuoco, di un arretramento delle armi pesanti, di un controllo dei confini onde impedire l’afflusso di armi e combattenti. Risultati difficili da conseguire, vista la distanza fra le diverse posizioni. Certo è che, se anche questo estremo tentativo fallisse, la comunità internazionale dovrà trovare un’altra maniera per affrontare la crisi, se non vuole che il conflitto si radicalizzi con conseguenze difficilmente prevedibili.

Riccardo Cenci

Foto © odnoklassniki.ru

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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