A Minsk raggiunto l’accordo sul cessate il fuoco

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Solo il primo passo di un lungo cammino verso una pace durevole

A poche ore dalla conclusione del vertice di Minsk, al di là dei facili trionfalismi, resta arduo leggerne i risultati. In primo luogo appare perlomeno singolare che il cessate il fuoco entri in vigore solamente dal 15 febbraio. Un segnale ambiguo se si tiene in considerazione che il portavoce delle forze armate di Kiev, Andrii Lisenko, ha denunciato l’ingresso di carri armati, blindati e batterie missilistiche russe avvenuto la scorsa notte, dunque mentre i colloqui di pace erano in pieno svolgimento. Una notizia difficile da confermare, comunque un segnale non certo rassicurante.

image (10)Anche la violazione degli accordi di Minsk dello scorso settembre suggerisce estrema prudenza. Stavolta la presenza della cancelliera tedesca Angela Merkel e del presidente francese François Hollande, i quali si sono spesi in prima persona per evitare un’escalation del conflitto, sembra fornire una ulteriore garanzia. La stessa Merkel ha comunque mostrato di non voler alimentare eccessive illusioni riguardo la fine delle ostilità. Ora c’è una speranza, ma il cammino da fare è ancora lungo e ricco di insidie.

Fra le notizie positive quella della liberazione di tutti i prigionieri, che dovrebbe avvenire entro 19 giorni, come dichiarato dal presidente ucraino Petro Poroshenko. Questi ha inoltre ribadito di non aver concesso alcuno statuto federalista o autonomo alle regioni separatiste dell’Est. Viene allora da chiedersi su quale base si potrà trattare con i ribelli, sottoscrivendo un documento comune. Poroshenko ha inoltre invocato il ritiro di tutte le milizie straniere e dei mercenari dal territorio ucraino, e il conseguente controllo delle frontiere onde evitare l’ingresso combattenti ostili al governo di Kiev, obiettivi il cui conseguimento non sarà affatto facile. Vladimir Putin dal canto suo ha acconsentito alla tregua, ottenendo un cessate il fuoco dai ribelli.

A questo punto la partita sembra essere ancora più complicata. Non dimentichiamo che Putin, senza colpo ferire, annettendo la Crimea è riuscito a violare l’integrità territoriale dell’Ucraina. Una mossa che in pochi si aspettavano e che, nonostante la mancanza di un riconoscimento ufficiale, sembra rappresentare ormai un dato acquisito. Lo stesso Putin, in diverse occasioni, ha ribadito l’inviolabile sacralità della Crimea per la Federazione Russa, inviando un chiaro segnale a chi non volesse accettare la nuova situazione.

Il leader del Cremlino sembra saggiare a poco a poco la capacità di reazione dei suoi avversari, per vedere fin dove può spingersi. Una cosa che Obama ha capito bene, e non a caso ha ripetutamente minacciato di fornire armamenti all’Ucraina nonostante il parere contrario dell’Europa. Un’Europa che, con il suo atteggiamento attendista, finora non era risultata decisiva nella risoluzione della crisi. Occorreva forse una posizione più decisa, come da tempo chiedevano le repubbliche baltiche ex sovietiche, preoccupate dall’escalation militare.

Chiaramente Putin mira incrinare il fronte europeo, come dimostrano i recenti abboccamenti avuti con il governo greco, o ancora le visite di Marine le Pen e di Matteo Salvini a Mosca. Quello che risulta paradossale è che un Paese come la Russia aspiri rievocare le glorie sovietiche ricorrendo all’aiuto della destra. Il vecchio adagio riguardo il fine che giustifica i mezzi sembra essere sempre più di attualità.

Come giustamente afferma il premier britannico David Cameron, tutti auspicano una cessazione delle ostilità, ma occorre verificare quello che realmente accadrà sul terreno. Nel caso in cui si riuscisse ad ottenere una tregua durevole, si potrebbe avviare un confronto riguardo lo statuto da attribuire alle regioni separatiste. La cosa più difficile da ricostruire sarà la fiducia fra i popoli russo e ucraino, edificando le basi per una convivenza pacifica compromessa da mesi di guerra e di violenze.

Riccardo Cenci

Foto

In alto © pravda.ru

Al centro © odnoklassniki.ru

 

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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