Brexit: le origini di un referendum decisivo per il futuro della Ue

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Per risolvere un problema interno al suo partito, David Cameron mette a rischio il futuro dell’Unione. Una decisione che mostra la mancanza di politiche veramente europee.

Si fa sempre più frenetica l’attesa riguardo la cosiddetta Brexit (acronimo di Britain Exit), con il quale si indica la potenziale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in seguito al referendum ormai imminente indetto da David Cameron. I mass media si sono ampiamente spesi al riguardo, eppure pochi conoscono l’origine del referendum stesso. Tutto nasce durante la campagna elettorale del 2015 quando il premier Cameron promise che, in caso di una sua conferma a Primo Ministro, avrebbe indetto una consultazione riguardo la permanenza del suo Paese nell’Unione. Questo anche in seguito alle crescenti pressioni del proprio partito, secondo cui molte cose sono cambiate dal referendum del 1975, con il quale i cittadini britannici a stretta maggioranza espressero la volontà di aderire alla Ue. Dunque per motivi elettorali, e per risolvere un problema interno al suo partito, Cameron rischia ora di minare le fondamenta dell’edificio europeo.

Per guadagnare consensi, il premier britannico mostrava insofferenza verso alcuni vincoli posti dalla Ue, quali l’entità dei sussidi concessi ai migranti e l’impegno economico per salvare gli Stati in difficoltà. In quest’ottica vanno letti gli accordi siglati in fretta e furia con la Ue, con i quali si offre alla Gran Bretagna una sorta di statuto speciale in grado di rassicurare la popolazione, molto legata alla propria autonomia e alla propria moneta nazionale. Cameron, che adesso difende a spada tratta il no alla Brexit, si è dunque stretto da solo il cappio al collo.

Discussion between Nigel Farage, Member of the EP, and Jean-Claude Juncker (in the foreground, from left to right)

Comunque vadano le cose, tutto questo porta ad alcune considerazioni. La profonda interconnessione fra i diversi soggetti che compongono la Ue fa si che ogni decisione assunta da un singolo membro abbia conseguenze su tutti gli altri. Peccato che tali azioni vengano portate avanti in maniera unilaterale, senza consultare chi ne dovrà subire suo malgrado le ripercussioni. E qui torniamo alla spinosa questione della mancanza di unità politica.  La Ue nasce come argine ai conflitti, ma in assenza di una visione politica comune rischia di fomentare proprio quei nazionalismi che si proponeva di smussare, almeno negli aspetti più aggressivi. C’è dunque un problema di governance europea, che è essenziale risolvere nei suoi punti più critici.

Bisogna infine precisare come una vittoria della Brexit probabilmente non avrebbe come conseguenza un’uscita immediata della Gran Bretagna dal mercato unico, anche perché dal punto di vista strettamente formale si tratta di un referendum consultivo, privo di valore legale in Parlamento, ma piuttosto una complessa rinegoziazione dei trattati fra Regno Unito e Ue. Naturalmente la vittoria degli euroscettici non potrebbe essere ignorata da Cameron, e rappresenterebbe comunque un segnale fortemente negativo. La Gran Bretagna perderebbe inoltre il potere di decidere riguardo gli standard futuri del mercato europeo, e questo avrebbe certamente ripercussioni economiche negative.

Riccardo Cenci

Foto © European Union , 2016  
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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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