La Turchia verso un nuovo oscurantismo? Le donne temono l’introduzione della legge islamica

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Dopo il fallito golpe, Erdogan avvia epurazioni di massa che colpiscono non solo i militari, ma anche giudici, giornalisti e docenti

Epurazioni di staliniana memoria sembrano voler ridefinire completamente il volto della Turchia, da stato laico aspirante all’ingresso nella Ue a entità  ancora indefinita, comunque basata su una progressiva riduzione dei diritti civili e su una caratterizzazione spiccatamente religiosa e mediorientale. Che la Turchia di Erdogan non avesse più ambizioni europeiste era chiaro da tempo. Per questo fa sorridere la minaccia, espressa da Bruxelles, di una bocciatura di Ankara nel caso venga reintrodotta la pena di morte. Del resto la questione della pena capitale è solo la punta di un iceberg, al di sotto del quale sono i diritti più elementari, da tempo umiliati e offesi. La progressiva eliminazione del giornalismo indipendente la dice lunga riguardo la situazione nel Paese.

Dopo l’esercito, Erdogan colpisce le basi dello stato democratico e della cultura. Dopo i militari, ecco che poliziotti, imprenditori, impiegati pubblici, funzionari, scrittori e insegnanti cadono sotto la scure dittatoriale. Particolarmente grave l’ingerenza nel mondo della scuola. Dove non c’è libertà di educazione il futuro appare perlomeno oscuro. E’ poi strano che tali colossali liste siano state stilate in un tempo così breve. Siamo di fronte a una partecipazione massiccia al tentato golpe, oppure gli elenchi erano già stati redatti in anticipo, in attesa dell’occasione propizia?

Tutto fa pensare che la progressiva islamizzazione della Turchia stia accelerando in maniera significativa. Già da tempo il premier Erdogan aveva dimostrato la volontà di riportare Santa Sofia al suo ruolo primario di moschea. Una intenzione che ora si potrebbe concretizzare, anche dietro la crescente pressione popolare. Un segnale chiaro di come si vogliano cancellare i simboli della laicità del Paese voluti da Ataturk, il quale aveva trasformato il luogo in museo, ponendo di nuovo al centro le istanze religiose.

New york tiomesUna legge tacita ma non per questo meno efficace opprime Istanbul, fino a poco fa capitale cosmopolita e meta di turismo internazionale. Le donne evitano di farsi vedere in giro vestite all’occidentale, per sfuggire gli insulti e le minacce dei sostenitori di Erdogan. L’atmosfera si fa di giorno in giorno più pesante.  Mentre il cieco fervore religioso  prende il sopravvento, la situazione sembra destinata a peggiorare. Il conservatorismo guadagna terreno, e l’occasione del fallito golpe potrebbe portare alla introduzione della legge islamica.

Chi scrive ricorda la scorsa estate a Istanbul. Nel pieno centro della città, durante la preghiera, un negoziante laico ci aveva invitati a uscire dal suo negozio di souvenir che avrebbe chiuso per alcuni minuti. Poi in inglese aveva sussurrato che, anche se a lui non importava, era meglio rispettare queste usanze, per non essere preso di mira dai fanatici religiosi. Ancora a Konya, dove si era verificato l’increscioso episodio durante il quale cosiddetti tifosi aveva fischiato il minuto di silenzio imposto per la strage di Ankara,  ci era sembrato percepire un’aria pesante, sguardi ostili nei confronti degli unici, o quasi, turisti occidentali che giravano per la città. Tutto questo nell’ambito di un Paese sostanzialmente ospitale, nel quale il visitatore poteva comunque trovarsi a proprio agio.

Le notizie provenienti dalla Turchia parlano di un progressivo peggioramento della condizione femminile. Qualcuna ha deciso di portare il velo, solo perché è socialmente più comodo. I diritti più elementari potrebbero presto essere messi in discussione (in primo luogo la legge sull’aborto, già in passato criticata aspramente dal premier). Preoccupa poi la pronuncia con la quale l’Alta Corte abolisce l’articolo 103, che punisce la violenza sessuale sui minori di 15 anni. Depenalizzando l’abuso sessuale sulle minorenni si potrebbe legittimare e dare nuovo impulso alla pratica delle spose bambine, ancora ampiamente diffusa. Per le numerose attiviste e per le organizzazioni per i diritti dei minori presenti sul territorio si annunciano tempi molto duri.

La Turchia ci era apparsa subito come un Paese ricco di contrasti, basato sulla convivenza fra l’osservanza religiosa più stretta e i costumi occidentali praticati da molti. Oggi questo equilibrio si è spezzato. Si sta entrando in un pericoloso processo di involuzione, le cui conseguenze sono ancora da valutare e comprendere.

Riccardo Cenci

foto © Wiki Commons (Andy Mettler) e New York Times (Emrah Gurel/Associated Press)

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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