Nella nota, ottenuta dal Times: governo diviso, «ci vorranno altri sei mesi» prima di mettere a punto una «exit strategy». Da Downing Street smentiscono
Il Regno Unito e la sua uscita dall’Unione europea, in una parola: Brexit. Un unico termine, creato ad hoc per l’occasione. Semplice, di immediata comprensione. Lontanissimo da ciò che sta rappresentando, di fatto, la Brexit per il Regno Unito, ovvero un susseguirsi continuo di polemiche, problemi, “contrattempi”. Dopo che i cittadini britannici si erano espressi a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Ue con il referendum del 23 giugno, il più sembrava fatto. Si era conclusa una lunga campagna referendaria, dove non erano mancati i colpi bassi e le strumentalizzazioni politiche. Erano arrivate, puntuali, le dimissioni di David Cameron e l’elezione di un nuovo premier.
Non appena eletta, Theresa May si è dimostrata subito determinata a chiudere la questione nel più breve tempo possibile: di qui l’annuncio di applicare l’orami famoso articolo 50 dei Trattati entro il mese di marzo.
Ma qualcosa comincia ad andare storto e, passo dopo passo, la premier si trova a dover far fronte non solo alla pressione di aziende e cittadini, ma anche a spiacevoli “contrattempi” che mostrano tutta la complessità dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
C’è Bruxelles che fa sentire la sua voce, rivendicando intransigenza riguardo alle modalità di accesso al mercato unico; ma ci sono anche i sostenitori del “Remain” che non mollano, e solo qualche settimana fa, si appellano all’Alta Corte di Londra per richiedere un voto del Parlamento prima di attuare la procedura di uscita.
Come se tutto ciò non bastasse, ora spunta un documento segreto che dimostrerebbe come la May non abbia ancora elaborato nessun tipo di strategia per gestire l’uscita del Regno Unito dall’Ue.
“Brexit Update”, così si chiama il documento, datato 7 novembre, ottenuto dal Times e reso pubblico dalla Bbc. A redigerlo, un consulente del governo che spiega come, a causa delle divisioni interne tra i ministri della May, «ci vorranno altri sei mesi» prima di mettere a punto un piano, una «exit strategy». Impossibile dunque, mantenere la promessa di applicare l’articolo 50 a marzo.
Secondo il Times, sulla questione il governo si troverebbe diviso al suo interno: da un parte il ministro per la Brexit David Davis, appoggiato dal ministro degli Esteri Boris Johnson e dal ministro per il Commercio internazionale Liam Fox. Dall’altra, il ministro del Commercio Greg Clark e il Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond. Ognuno di questi “schieramenti” avrebbe dunque elaborato una propria strategia per gestire l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea e, soprattutto, le eventuali conseguenze.
Questo dimostrerebbe la totale assenza di una «strategia complessiva per negoziare l’uscita». Un’altra questione fondamentale di cui si parla nella nota è poi quella relativa alla mancanza di funzionari per gestire la Brexit: è stato infatti stimato che sarebbero necessari 30.000 dipendenti pubblici in più.
Il documento punta il dito anche sull’atteggiamento della premier, poco incline ad accettare consigli dai propri collaboratori e più propensa a gestire tutto da sola. Un atteggiamento «difficile da sostenere» secondo il consulente del governo.
Immediata è arrivata la smentita attraverso un portavoce di Downing Street, ma di certo non sarà facile ora per la May fornire spiegazioni. E tantomeno mantenere le promesse fatte al popolo britannico e alle aziende, sempre più impazienti di ricevere rassicurazioni per i loro investimenti.
Valentina Ferraro
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