Repubblica d’Irlanda al voto oggi, equilibrio tra i maggiori partiti

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I liberali del Fine Gael, il centro del Fianna Fáil, la sinistra dello Sinn Féin fanno appello alla fiducia degli elettori, gli ambientalisti Greens potrebbero sorprendere

Gli irlandesi oggi votano per eleggere i 160 parlamentari, che li rappresenteranno nella legislatura entrante: stanotte verrà diffuso (da RTÉ One, RTÉ News Now, RTÉ Radio One, RTE.ie, RTÉ News Now app) l’exit poll commissionato dalla televisione pubblica RTÉ, dal giornale The Irish Times, dal canale pubblico in lingua gaelica TG4, dall’University College Dublin ed elaborati da Ipsos MRBI in base alle risposte di circa 5.000 persone interpellate all’uscita dai seggi. Ora le forze politiche dovranno attendere il responso dei cittadini: i liberali del Fine Gael confidano in una economia solida, i centristi (Fianna Fáil) nella voglia di alternanza, la sinistra (Sinn Féin) è incoraggiata dai sondaggi e a poter sorprendere sono i Greens. Affiora la stanchezza dell’elettorato verso i due partiti maggiori: FG e FF indeboliti nelle Europee 2014 e nelle Politiche 2016, avevano recuperano del terreno in alcune rilevazioni (2017) tornando, se sommati, a superare il 60% (come quando erano pilastri della vita pubblica) ma infine, il 4 febbraio 2020, lo studio elaborato da Ipsos-MRBI per l’Irish Times ha suggerito che il consenso di Fine Gael e Fianna Fáil ammonterebbe ora a meno del 42%.

                         Eamon Ryan

Nemmeno il “Confidence and Supply” consentirebbe una “tregua” tra due gruppi che secondo le ipotesi più catastrofiche si vedrebbero ridotti a 76 seggi (FF 43 e FG 33) meno degli 80 necessari anche se si accordassero. Quanto al 24% a cui ambiscono i repubblicani, può restringersi, perché lo Sinn Féin ha proposto solo 42 candidati, quindi in vari collegi cederebbe ad altre sinistre molte preferenze espresse (e voti redistribuiti nei conteggi) pure se vincesse pressoché ovunque: la nuova legislatura si aprirebbe perciò con un gruppo rafforzato il cui apporto allo spicchio più a sinistra dell’aula si limiterebbe però a una trentina di seggi. Il Fianna Fáil, attorno al 24% a sua volta, di solito cresce di qualche punto nelle schede vere e proprie. Il Fine Gael calerebbe al 20%, ma in tornate recenti è stato dato erroneamente per battuto. Analisi di questi giorni attribuiscono al FF più di 50 seggi e considerano il FG in grado di confermare circa 40 parlamentari. Se il Fianna Fáil sarà primo e se gli indipendenti non saranno eletti in “troppi” (o se saranno su posizioni simili tra loro) Micheál Martin potrà rivolgersi ai progressisti e alla sinistra, ma potrebbe ripiegare su nuovi accordi con il Premier uscente Leo Varadkar (FG) anche se i rapporti tra le due forze centriste (storicamente rivali) sono molto deteriorati per gli attacchi reciproci degli ultimi mesi.

     Micheál Martin, Leo Varadkar e Mary Lou McDonald

Il fatto è che il conteggio avviene in singoli collegi con svariati eletti e quindi un calcolo della forza delle liste è difficoltoso, perché oltre a prevedere qualcosa che attende ancora di essere deciso dai singoli votanti bisognerebbe anche entrare nelle situazioni dei territori: a quel punto ecco che pur in calo (al 5%) il Labour potrebbe ugualmente rientrare con ben otto rappresentanti, in casi locali di percentuali di voto come quelle che ha incassato il 29 novembre 2019 nelle suppletive di Dublin Fingal (15% con Duncan Smith) e a Wexford con George Lawlor (in quei casi senza eletti, ma lì passava uno solo). Nello stesso modo, se in molte parti del Sud il Fianna Fáil dovesse mettere a segno successi come quello di Malcolm Byrne (sempre a Wexford, 31,2% delle prime preferenze) oggi ciò potrebbe significare eletti aggiuntivi per i centristi, e lo stesso vale per la sinistra radicale qualora il duraturo appoggio all’indipendente Mick Wallace (ormai dal 24 maggio europarlamentare con la GUE/NGL , la Sinistra Europea) si spostasse, in sua assenza, in aiuto a candidati con le stesse idee. Senza contare che i partiti possono anche ribaltare le prime preferenze, se riescono ad aggiudicarsi “seconde” e “terze” simpatie di cittadini che al “numero uno” scelgono una altra forza politica (è per questo che i conteggi durano giorni: i risultati secchi dati dalle agenzie la sera dopo la consultazione sono effimeri). Il sistema consente la massima aderenza alle idee degli elettori attraverso più scelte: un meccanismo oggetto di tentativi di revisione in referendum del 1959 e del 1968, ma gli irlandesi hanno scelto di confermarlo, per includere anche piccole minoranze di opinione.

La Repubblica oggi si esprime, in scuole, chiese, sedi di attività sociali di quartiere, in zone popolari settentrionali e occidentali di Dublino, ma anche in un sud dell’isola che chiede più investimenti, in piccole città vicine alla provincia britannica del Nord (in contee intimorite dal ritorno di confini e dogane) in aree interne e centrali del Paese che ancora attendono la ripresa già in moto dal 2013, sulle coste occidentali dove città dinamiche come Galway alimentano il turismo (e l’agricoltura si interroga sulle esportazioni nell’era dei dazi) l’Irlanda vota anche in regioni dell’Est, che non vogliono diventare solo “satellite” di una capitale che da cresce di nuovo in fretta da anni. E si vota naturalmente nel centro dublinese, nei quartieri suggestivi del Sud Est della Fair City e nelle aree residenziali piene di giardini fuori dalla città e sulla sua costa. Poco più di duemila persone che abitano in dodici piccole isole hanno già votato ieri, in urne recapitate con elicotteri e traghetti, si tratta di 1.200 votanti in quattro isole vicino Galway, 200 in tre del Mayo e 750 in cinque isole vicino la costa del Donegal: la consuetudine serve a evitare ritardi di spoglio a causa di eventi atmosferici. Dato che in un sistema molto proporzionale ottenere una maggioranza è ardua impresa, la fortuna dei centristi è che i sondaggi sulle alleanze trovano qualche disponibilità verso il Fianna Fáil in tutti i gruppi sociali (un vantaggio simile lo hanno anche il Labour e i Greens, con i quali ogni partito maggiore coopererebbe). Il premier ha evidenziato l’impegno del Fine Gael sui diritti civili (condiviso dagli altri partiti) per competere, nelle aree urbane, con il progressismo di Greens, Social Democrats, Labour e indipendenti vari e ha rimproverato al Fianna Fáil di mostrarsi cauto su questi temi (in realtà promossi anche dal FF in questi anni, però con alcune astensioni), ma così Il FG rischia di spingere fasce di suoi elettori più interessate a temi economici a concedere seconde preferenze al FF, inoltre il mutamento dell’agenda FG nelle città promuove temi sui quali il governo è stato attivo, ma che sono “temi forti” di partiti decisamente caratterizzati a sinistra, come Sinn Féin e People Before Profit (e di vari indipendenti).

L’economia è forte: martedì 4 febbraio, in una discussione tra i tre leader di Fine Gael, Fianna Fáil, Sinn Féin trasmessa dalla televisione pubblica Rté il primo ministro è apparso fiducioso (ma troppo concentrato nell’attaccare gli avversari) ma visti i dati positivi dello sviluppo, tanti potrebbero confermare il suo esecutivo Fine Gael una volta entrati nei seggi, nonostante l’eco dei sondaggi. Il leader del Fianna Fáil, Micheál Martin ha mantenuto la calma quando è stato attaccato sulle politiche che hanno condotto al 2008 e sulla tregua con il governo (dal 2016 ad oggi) ed è apprezzato per l’equilibrio tra atteggiamenti sociali e moderati. Il Fine Gael guida il Paese da nove anni e lo ha rilanciato, ma gestendo decisioni scomode, talvolta cedendo alle opposizioni nelle strade, come su alcune privatizzazioni (o riforme percepite come tali, si veda quanto accaduto riguardo all’acqua). Il Fianna Fáil tiene bene quando si contano i voti veri ed è poco disponibile a regalare spazi al Fine Gael, però è diffuso il ricordo di politiche FF che hanno avuto pesanti conseguenze negli squilibri bancari e immobiliari. La leader dello Sinn Féin, Mary Lou McDonald, ha affermato la voglia di ridurre le diseguaglianze (sottraendo qualcosa ai profitti di grandi imprese) che i repubblicani trovano nei sondaggi: se avrà successo potrà dialogare con una parte del Fianna Fáil (FF e SF sono storicamenterepubblicani”, attenti al sociale, il FF nel ruolo di centro progressista, lo SF come sinistra radicale).

Lo Sinn Féin potrebbe intendersi bene con altri gruppi di sinistra radicale che guidarono le proteste contro la privatizzazione dell’acqua (2014-2015) come il People Before Profit (oggi al 3% in un contesto che vede una serrata competizione tra moltissime liste e candidati della stessa area politica) e altre come i Social Democrats (3%) che rappresentano anche l’opposizione alle politiche concordate dal Labour con i centristi del FG (nel Governo di coalizione del periodo 2011-2016). In un sistema tanto proporzionale, lo Sinn Féin può allearsi con le liste menzionate e con indipendenti a queste vicini (i candidati senza partito secondo le previsioni dovrebbero aggiudicarsi il 15% ed essere eletti al massimo in 18) e trattare con Greens e Labour. Ma se i repubblicani deludessero a fine conteggi, ciò ricorderebbe le europee e amministrative: lo Sinn Féin puntava al voto di alternativa al governo e invece quel consenso andò ai Greens. Ed anche se il diritto all’abitare è molto sentito, le promesse su 100.000 case da parte dello Sinn Féin lasciano scettica parte consistente dell’opinione pubblica. Inoltre, c’è stato in Irlanda del Nord uno stallo politico che ha bloccato l’assemblea di Stormont fino all’11 gennaio 2020: l’amministrazione è stata gestita in pratica dai funzionari per tre anni interi, ora è ripartita con Arlene Foster del DUP quale First Minister e Michelle O’ Neill dello SF come vice (in realtà in base agli accordi di pace del 1998 le due cariche hanno un peso simile) e per quanto riguarda la rappresentanza dell’Irlanda del Nord a Westminster, i deputati  dello Sinn Féin si astengono, perché non riconoscono l’autorità britannica sulla provincia. In questo periodo però si prendono decisioni sulla Brexit (che ha conseguenze difficili in Ulster) e gli avversari dello SF nella Repubblica d’Irlanda accusano la sinistra radicale di essere intransigente e poco influente.

L’unificazione dell’isola per decenni è stata la ragione di essere dello Sinn Féin (che dopo il disarmo Ira del 2005 ha coabitato vari anni con gli ex avversari unionisti pro-britannici del DUP nell’amministrazione della provincia nordirlandese) ma tanta gente nella Repubblica pur considerando di nuovo in agenda la questione ritiene difficile proporla ora, che bisogna prima di tutto mantenere aperto il confine senza alimentare le rivalità interne alla provincia autonoma (repubblicani contro lealisti filo-britannici) anche se l’unità sulla carta eviterebbe barriere. Anche in questi giorni, lo Sinn Féin ripropone il referendum sull’unificazione dell’Irlanda e il tema ha sicuramente il vento a favore, però gran parte dei cittadini teme che al momento aggravi rivalità, più che tenere in vita il processo di pace oggi. Dal 2016, nella Repubblica, i due partiti centristi (FG e FF) sono stati convincenti sulla unità del mercato dell’isola, sulla tutela degli accordi di pace nel Nord e sul ruolo dell’Irlanda nell’Ue: sia il Fine Gael al governo, sia il Fianna Fáil (attento sul tema senza accelerazioni) hanno mantenuto la fermezza europeista verso il Regno Unito, continuando a coltivare un rapporto importante con il Paese vicino, in questo modo hanno tolto spazio a Sinn Féin e sinistre radicali, che sono attive da tempo sul problema. Il governo Fine Gael ha gestito con chiarezza la significativa diversità di vedute con Londra, il ministro degli Esteri Simon Coveney (Fine Gael) è stato un elemento decisivo nel sostenere la ripresa dell’amministrazione condivisa dalle varie comunità nella provincia autonoma che a nord confina con la Repubblica: la questione del partenariato tra Unione europea e Regno Unito vedrà il nodo irlandese sul tavolo a lungo e il prossimo martedì, 11 febbraio, l’Europarlamento discuterà su questo e mercoledì 12 febbraio terrà un voto in proposito. Lo Sinn Féin potrebbe cedere qualcosa alla lista Aontú, fuoriuscita il 28 gennaio del 2019 (dopo che nel dicembre 2018 lo SF aveva votato per facilitare l’aborto in alcuni casi) ma il consenso al gruppo guidato da Peadar Tóibín – conservatore sull’aborto e tuttora di sinistra sul resto, dal welfare all’immigrazione – per le rilevazioni sarebbe limitato.

                         Micheál Martin

Dopo le elezioni i possibili “kingmakers” sono Greens (valutati attorno al 9% e a 14 seggi) lanciati dai successi a europee e amministrative e nelle suppletive il 29 novembre soprattutto a Dublin Fingal. Candidati senza partito sono stati spesso sottovalutati dai sondaggi, come pure il People Before Profit. Dato che Micheál Martin chiede una sterzata a sinistra, si rivolge soprattutto ai Greens e al Labour, il leader del Fianna Fáil infatti esclude coabitazioni con lo Sinn Féin, attribuendogli un passato di vicinanza all’Ira, altri nell’FF sono più sensibili alle somiglianze e vogliono aspettare numeri sui quali ragionare. Anche il Fine Gael rifiuta di associarsi allo Sinn Féin, che accusa di voler appesantire il fisco e di trascurare il problema della criminalità: la leader dei repubblicani è apparsa in difficoltà su questo tema nei dibattiti in Tv. Nel caso di Dublino si devono ricordare gli episodi nei quali la polizia (Garda) ha dovuto arginare scontri fra clan criminali nell’isola, in particolare la faida tra gli Hutch e i Kinahan nella capitale, le due famiglie allargate soprattutto da fine 2014 in poi sono state coinvolte in eventi che hanno travalicato i confini nazionali, con fatti molto cruenti in Spagna, cui sono seguite numerose vittime anche a Dublino soprattutto a partire dal 2015, e indagini della polizia irlandese assieme a quella spagnola, fino all’accertamento di attività criminali in città portuali olandesi e riciclaggio in Paesi extraeuropei. Negli ultimi anni alcuni incidenti hanno suscitato impressione: elementi intenzionati a colpire parenti e associati di gruppi “rivali” hanno agito anche vicino a posti di blocco. A più riprese le forze dell’ordine hanno sequestrato proventi illeciti in contanti, preziosi, automobili, lingotti d’oro, sostanze stupefacenti, individuando negli anni organizzazioni ramificate. Ma tornano alla ribalta soprattutto i problemi sociali, le infrastrutture nazionali, i ritardi dello sviluppo economico in alcune parti del Sud, ma anche del Nord Ovest. Le opposizioni criticano il Governo sull’edilizia pubblica e la sanità. Il Fianna Fáil ha promesso fondi appositi per le famiglie che affittano una prima casa. Solidarity-People Before Profit e Social Democrats potrebbero fare leva su posizioni forti in alcuni collegi. Un tema discusso è anche il divario tra la molta domanda e la poca offerta di immobili, causato anche da appartamenti che restano vuoti favorendo così l’aumento dei prezzi (influisce anche l’arrivo di molte imprese britanniche, che cercano spazio al centro della capitale), il che ha portato a imposte mirate a spingere i gruppi proprietari edifici e terreni a mettere sul mercato questi spazi.

 

Aldo Ciummo

Foto © BBC, In-Cumbria, Wikipedia, The National

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Aldo Ciummo
Giornalista e fotografo specializzato in questioni del Nord Europa e dell’Unione europea, ha vissuto a lungo in Irlanda. Da free lance viaggia spesso nei Paesi scandinavi e scrive in inglese su testate internazionali, tra le quali “Eastwest”, o in italiano per "Eurocomunicazione" e “Startupitalia". In seguito alla laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha studiato Relazioni Internazionali alla Fondazione Lelio e Lisli Basso e Fotografia all’ISFCI a Roma.

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