Nuove ombre sul voto in Crimea

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I dati del referendum ridimensionati da un documento stilato dal Consiglio del Presidente della Russia per la Società Civile e per i Diritti Umani

Sul sito www.president-sovet.ru si trova un documento che ridimensionerebbe i dati ufficiali forniti l’indomani dell’annessione della Crimea alla Federazione Russa. Si tratta di un lungo resoconto, datato 21 aprile 2014, dal titolo “Problemi per gli abitanti della Crimea”, stilato dal Consiglio del Presidente della Russia per la Società Civile e per i Diritti Umani, un organo che svolge un semplice ruolo di consulenza, ma che ripetutamente si è espresso in maniera critica verso le politiche governative. Un documento molto articolato che, dapprima presente anche in lingua inglese e in questa veste citato da Forbes, ora appare nella sola lingua russa.

Nella sezione “referendum” si dice che la stragrande maggioranza degli abitanti di Sebastopoli ha votato per l’annessione, per coscienza e per convinzione, mentre nel resto della Crimea solo il 30-50% si sarebbe recato alle urne, e fra questi solo il 50-60% avrebbe votato per l’annessione, comunque più per paura della paventata violenza e del caos incombente che per intimo convincimento. Cifre che, pur nella loro vaghezza, risultano comunque distanti dal plebiscito riportato da Mosca e dagli organi di stampa, nel quale si parlava di un 97% di voti a favore a fronte dell’83% della popolazione presente ai seggi elettorali.

Una smentita dei dati ufficiali era apparsa anche sul sito della comunità dei Tatari in Crimea, nel quale si parlava di una percentuale attorno al 34% di votanti rispetto all’intera popolazione della penisola (qha.com.ua), dati riferiti da uno dei leader storici di questo gruppo etnico minoritario, tuttavia importante per gli equilibri dell’area. Comunque stiano le cose, certo è che le dimensioni del referendum vengono drasticamente ridimensionate. Una consultazione, occorre ricordarlo, alla quale non sono stati ammessi osservatori internazionali, a parte rare eccezioni.

Per far luce in questa situazione ingarbugliata ci vengono incontro alcuni siti locali e vari social network, ed in particolare alcuni video postati dagli utenti nei quali si vedono gli abitanti della Crimea fare la fila per rifiutare la cittadinanza russa appena acquisita, presentando domanda ufficiale alle autorità. A questo punto ci si chiede quale sarà lo status legale di queste persone, le quali non intendono rinunciare al proprio passaporto ucraino.

Fonti ufficiali di Mosca parlano al contrario di file interminabili per ottenere il nuovo passaporto, e di percentuali molto basse di rifiuto della cittadinanza russa. Certo è che molti sono gli sfollati che hanno deciso di lasciare la penisola, sia prima che dopo il referendum, spinti dalla generale incertezza riguardo il proprio futuro. A tale proposito il governo di Kiev ha aperto una struttura in grado di fornire assistenza a coloro i quali si trovino improvvisamente senza un luogo dove vivere, privi di punti di riferimento. Anche in questo caso è difficile valutare l’esatta portata del fenomeno, ma quello che interessa sottolineare è che la situazione venutasi a creare è fonte di innumerevoli problematiche.

Come abbiamo più volte indicato negli approfondimenti dedicati alla crisi in Ucraina, la popolazione è a tal punto mescolata che è arduo dare un taglio netto senza provocare pericolose emorragie. Numerosi abitanti della Crimea hanno parenti nel resto dell’Ucraina e viceversa. Moltissime persone, avendo un genitore ucraino ed uno russo, vivono vere e proprie crisi identitarie, mentre intere famiglie sono dilaniate da aspri conflitti intestini. E’ facile comprendere come l’attuale situazione generi difficoltà nei più immediati rapporti parentali. In questo contesto occorrerebbe perseguire una politica di pacificazione generale, e non soffiare sul fuoco dell’odio, come si sta facendo.

La tensione fra Russia e Ucraina sta creando spaccature che potrebbero divenire insanabili, anche se notizie dell’ultima ora riferiscono che il Presidente Vladimir Putin ha chiesto ai separatisti di Donetsk un rinvio del referendum secessionista previsto per l’11 maggio. Un segnale distensivo che potrebbe preludere ad una progressiva normalizzazione della situazione, e ad una soluzione negoziale della crisi.

Detto ciò, parlare di elezioni il 25 maggio appare comunque singolare, considerando gli scontri ancora in atto nelle regioni dell’Est fra i cosiddetti “gruppi di autodifesa” e l’esercito ucraino. Occorre innanzi tutto ottenere un cessate il fuoco da ambo le parti, per garantire l’accessibilità ai seggi a tutta la popolazione. Solo a questo punto, con la presenza di osservatori internazionali, si potrà garantire la regolarità di un voto essenziale per il nuovo assetto politico dell’Ucraina e per la stabilità dell’intera area.

Riccardo Cenci

Foto © European Community, 2014

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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