Uno studio rivela: disoccupazione ridotta del 23% per gli studenti del programma. E all’estero trovano anche l’amore
La “Generazione Erasmus” ha più possibilità di trovare lavoro. Questo quanto emerge da uno studio a cura della Commissione europea che per la prima volta, dopo 27 anni dal lancio del programma Erasmus, si pone l’obiettivo di analizzare il suo impatto sull’occupabilità dei giovani. L‘Erasmus Impact Study costituisce una delle indagini più corpose condotte sul tema: redatto da esperti indipendenti, si è avvalso del feedback di circa 80.000 partecipanti, tra studenti e imprese. I dati che ne emergono sono quanto mai positivi: il successo dell’Erasmus non riguarda infatti soltanto il numero di partecipanti (oltre 3 milioni di studenti dal 1987 ad oggi) ma anche le loro prospettive lavorative per il furturo. L’Erasmus si rivela infatti un’esperienza profondamente formativa che stimola la crescita non solo a livello personale ma, in prospettiva, anche professionale.
Lo studio evidenzia infatti come, grazie all’Erasmus, i giovani sviluppino capacità di problem solving, oltre a una maggior flessibilità e capacità organizzativa. Tutte attitudini che, secondo lo studio, vengono apprezzate da oltre il 90% dei datori di lavoro. I dati raccolti parlano chiaro: il tasso di disoccupazione degli studenti Erasmus, a cinque anni dalla laurea, si rivela del 23% inferiore rispetto ai loro coetanei che non hanno avuto un’esperienza di studio fuori dal proprio Paese.
«In un contesto europeo segnato da livelli inaccettabili di disoccupazione giovanile – ha commentato Androulla Vassiliou, commissaria all’Istruzione e la Cultura – i risultati di questo studio sull’impatto dell’Erasmus sono estremamente significativi».
E non è solo la sfera professionale a trarre benefici dal programma: secondo lo studio, infatti, il 27% degli ex studenti ha incontrato l’amore durante il periodo trascorso all’estero; tanto che è stato stimato che nei 27 anni di Erasmus siano ben un milione i bambini nati da coppie che si sono formate proprio grazie al programma. Ben il 40% di coloro che hanno partecipato a questo progetto, inoltre, dopo la laurea ha deciso di andare a vivere in un altro Paese.
L‘Erasmus Impact Study sembra dunque confermare in modo evidente come un’esperienza di studio all’estero sia profondamente formativa sotto ogni punto di vista per i giovani europei. Ora resta solo da constatare se e quanto i tagli previsti ai bilanci Ue incideranno sul futuro di questo programma. Parlando proprio del problema dei tagli, Vassiliou ha dichiarato: «L’abbiamo vissuto due anni fa in modo grave, l’anno scorso in misura minore e ora si ripropone. Tuttavia confidiamo di farcela. Quanto a me ho fatto di tutto per ricordare ai governi l’importanza del programma: tre mesi fa ho scritto a tutti i ministri della Cultura europei perché spingano i rispettivi Paesi a evitare questi tagli». Per il momento, «accanto al programma tradizionale – ha spiegato il commissario – esordisce il nuovo Erasmus Plus che offrirà sovvenzioni Ue a quattro milioni di giovani entro il 2020, dando loro la possibilità di sperimentare la vita in un altro paese con studi, formazione, insegnamento o volontariato».
Valentina Ferraro
Foto © European Community, 2014