La Polonia invecchia: serve una riforma delle pensioni

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Le statistiche prevedono un aumento del numero dei pensionati entro la metà del secolo: Varsavia pensa a nuove norme

Entro il 2050, in Polonia un cittadino su tre sarà un pensionato: l’Istituto statistico nazionale (GUS) prevede che la popolazione polacca sarà per allora di circa 34 milioni di abitanti, di cui 10 milioni percepiranno una pensione di vecchiaia. Nel 2013, il numero di pensionati era pari a sette milioni, cifra già elevata allora tanto che l’allora governo Tusk aveva dato avvio a un progetto di riforma del sistema previdenziale, volto ad innalzare l’età pensionabile da 65 a 67 anni per gli uomini e da 60 a 67 per le donne e a ridurre gradualmente il rapporto tra lavoratori e pensionati. Secondo le stime del governo, la riforma pensionistica dovrebbe ridurre del 12% il numero dei pensionati entro il 2020 e del 20% entro il 2050.

Quella delle pensioni è una delle riforme più impopolari che l’attuale governo di Ewa Kopacz (foto didascalia) è chiamato ad attuare nel percorso di avvicinamento all’Euro, che dovrebbe concludersi entro il 2016 con l’ingresso di Varsavia nella moneta unica. Ma se a dieci anni dall’adesione all’Ue i polacchi si mostrano decisamente europeisti, diverso è il discorso sull’ingresso nell’Eurozona, verso la quale è favorevole il 45% dei cittadini contro il 53% dei contrari.

Alessandro Ronga

Foto © European Community, 2014

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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