La cronaca delle proteste di piazza Maidan nei Diari ucraini di Andrei Kurkov

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La crisi raccontata da uno scrittore che vive nel centro di Kiev

Il prolungato silenzio dei media occidentali riguardo la guerra in Ucraina potrebbe fornire l’impressione, certamente erronea, che la situazione sia stabile e sostanzialmente tranquilla. In realtà l’Est del Paese è tutt’altro che pacificato, e le madri ucraine tremano ogni giorno per il destino dei propri giovani figli, i quali vivono nell’attesa di una chiamata alle armi che potrebbe giungere da un momento all’altro. I social network locali sono invasi da fotografie di soldati  mutilati, il che non lascia presagire una conclusione della crisi in tempi brevi.

Secondo i meccanismi della comunicazione, l’opinione pubblica dimentica in fretta quello di cui non si parla. E’ quanto sta accadendo con l’Ucraina, almeno in un’Europa che allo stato attuale appare maggiormente spaventata dalle minacce del fondamentalismo islamico. Eppure sottovalutare i fatti ucraini potrebbe essere un grave errore.

In assenza di notizie fresche dal Donbass, giova leggere i Diari ucraini di Andrei Kurkov, appena pubblicati dall’editore Keller. Una cronaca attenta di quanto accaduto in Piazza Maidan dal 21 novembre 2013 al 24 aprile 2014, con un’appendice che arriva fino a giugno, registrata puntualmente da uno scrittore che vive a pochi metri da questo luogo divenuto simbolo della protesta. Sprazzi di quotidianità punteggiano la narrazione, conferendo ai diari un carattere di vita autentica. La preoccupazione per il futuro del Paese gronda da ogni pagina. Eppure Kurkov non ha alcuna intenzione di abbandonare il proprio Paese, di sfuggire alla realtà dei fatti, per quanto possa essere cruda.

Alcuni elementi risultano chiarissimi. In primo luogo occorre avere ben presente il concetto che il sogno europeista non ha mai fatto parte dell’immaginario del Sud e dell’Est. «L’Europa è troppo lontana da Doneck e Sebastopoli. Mentre dall’Ucraina occidentale, da Leopoli, Ternopol’, Ivano-Frankovs’k e Černovcy, la si può toccare con un dito. Ecco perché nella pentola bolle solo metà acqua, mentre l’altra rimane fredda», scrive Kurkov. E ancora sorprende scoprire come gran parte della propaganda antieuropea nei giorni del Maidan abbia puntato l’indice contro la presunta rilassatezza morale dei costumi occidentali. «L’intero Paese è tappezzato di poster e annunci che spiegano, illustrandolo con immagini, che in caso di integrazione nell’Unione Europea a tutti gli ucraini toccherà diventare “froci” o “lesbiche”», scrive ancora Kurkov, svelando un aspetto che non era immediatamente evidente, dietro il quale troviamo le idiosincrasie di Putin nei confronti del diverso.

In secondo luogo lo scrittore sembra particolarmente interessato a sottolineare le violenze perpetrate ai danni dei giornalisti e degli scrittori. Un atteggiamento nei confronti di chi fa informazione che ricorda quelli denunciati e pagati con la propria vita da Anna Politovskaja. Si parla di televisioni oscurate, colpevoli solo di diffondere notizie riguardo l’evoluzione della protesta, di giornalisti malmenati o addirittura uccisi. In un momento in cui l’Europa intera si mobilita in difesa della libertà di espressione, minacciata dal fondamentalismo islamico, sarebbe opportuno non dimenticare che, a due passi da casa nostra, troppo spesso i giornalisti subiscono intimidazioni e violenze durante l’esercizio della loro professione.

Il problema dell’informazione e della propaganda è centrale. Numerosi episodi citati nel libro dimostrano come la manipolazione della realtà sia un’arma temibile.

Il diario è poi un’occasione per numerose riflessioni, in particolare sull’identità di una popolazione indubbiamente divisa. Lo stesso Kurkov è un ucraino di origini russe. «Sono “della Russia” ma non sono affatto “della Federazione Russa”», scrive ad esempio sottolineando come non sia interessato ad ottenere la cittadinanza del Paese governato dal Cremlino.

Riguardo l’esistenza di due Ucraine, quella Orientale e quella Occidentale, lo scrittore individua una mentalità diffusa nel Donbas, terra di industrie minerarie, prona di fronte al potere. Gli abitanti di queste terre sono convinti di garantire, con il proprio lavoro, il benessere del Paese. Guardano la televisione russa, parlano russo e non coltivano sogni di libertà individuale.

Kurkov conia un’espressione singolare per definire la situazione in atto. «Gli ucraini nel corso degli ultimi mesi hanno imparato il significato di un nuovo termine: “guerra ibrida”, cioè una guerra che una nazione ostile provoca nel tuo Paese senza nemmeno invaderlo con le sue truppe, ma fornendo armi a una parte dei tuoi concittadini, che si mostrano leali a essa perché credono che là, nel Paese vicino, si viva meglio. Il Paese vicino pertanto – nel nostro caso la Russia – continua a fingere di non aver nulla a che fare con i conflitti armati che avvengono nell’Ucraina dell’Est e non fornisce nessuna risposta quando le viene chiesto dove i separatisti prendono carri armati e le attrezzature militari dell’esercito della Federazione Russa». Una sola cosa è certa; quando tutto sarà finito anche l’Ucraina e i suoi abitanti saranno profondamente mutati.

I diari si concludono con un chiaro atto di accusa rivolto all’Occidente, che sembra trovare conferma nel prolungato silenzio dei nostri media riguardo gli sviluppi della crisi ucraina di cui si diceva all’inizio. Basta non parlare di quanto sta accadendo perché tutto paia relegato in una infinita distanza, come se non avesse nulla a che fare con il futuro e il destino dell’Europa stessa. Secondo Kurkov tutto si riduce a questioni economiche. L’Europa che: «durante il Maidan ha sbandierato il suo sostegno, ora si è fatta da parte e si è ammutolita, dando la precedenza ai suoi rapporti commerciali con la Russia. Il denaro è più importante della democrazia. Questo cinico insegnamento, che l’Europa ha lasciato all’Ucraina, influirà senz’altro sul futuro del mio Paese. E quindi anche sul mio. E quello dell’Europa stessa. Di tutta l’Unione Europea».

Riccardo Cenci

 

Andrei Kurkov

Diari ucraini

Keller editore

pg. 329 € 16,00

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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