Il Parlamento europeo ricorda Srebrenica mentre emergono nuove verità

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Il brutale massacro di 8.000 uomini e ragazzi nella città bosniaca di 20 anni fa è stato commemorato dal presidente Martin Schulz, con un minuto di silenzio

«Questo atto di genocidio è stato uno dei peggiori crimini di guerra in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Non sarebbe mai dovuto accadere e il nostro fallimento collettivo per evitare tale massacro ci fa vergognare». Con queste parole il presidente del Pe Martin Schulz ha reso omaggio alle vittime di Srebrenica, durante il suo intervento in apertura della sessione plenaria.

«Noi non dimenticheremo mai Srebrenica, perché non ci potrà essere riconciliazione fino a quando la sofferenza e il dolore non saranno riconosciuti» – ha aggiunto, sottolineando inoltre come – «la retorica avvelenata e l’incitamento populistico della pulizia etnica avesse aperto la strada ad una ridefinizione dei confini che ha negato la multietnicità e le diverse fedi religiose dei Balcani».

Flower of Srebrenica - Memorial Day

Una cerimonia di commemorazione a Srebrenica si terrà il prossimo 11 luglio. A rappresentare l’Ue ci sarà il vicepresidente del Parlamento europeo, Ulrike Lunacek (Verdi/ALE, Austria), della Delegazione per le relazioni con la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, mentre una risoluzione sarà votata presso l’istituzione giovedì, in seguito al dibattito che si terrà lo stesso giorno alle 8.30.

Intanto emergono raccapriccianti particolari sul sacrificio di Srebrenica da parte delle principali nazioni occidentali resocontate dall’Observer, il domenicale del Guardian, basato in gran parte sul materiale raccolto dalla giornalista di le Monde Florence Hartmann in 15 anni di lavoro su un libro-dossier. Ne ha dato notizia per l’Italia l’altroieri l’Ansa. Srebrenica fu volontariamente “sacrificata” dalle cancellerie di Usa, Gran Bretagna e Francia, sull’altare di una pace “a ogni costo” con i serbo-bosniaci, che fra il 13 e il 15 luglio 1995 massacrarono 8.000 musulmani fra uomini e ragazzini. Con l’aggravante che della dirigenza serbo-bosniaca erano fin troppo chiare le intenzioni già settimane prima che la cittadina bosniaca sotto protezione Onu fosse vergognosamente consegnata proprio dai suoi “difensori”, i caschi blu olandesi dell’Onu, ai sanguinari carnefici di Ratko Mladic.

President of the European Parliament Jerzy Buzek (R) and the director of Potocari Memorial Cemetery  Mersed Suojlovic lay a wreath at the cemetery near Srebrenica on November 05, 2011.

L’Observer spiega in un dossier spietato, tirando in ballo molti dei politici, diplomatici e leader militari che 20 anni fa ebbero un ruolo negli eventi. Srebrenica, che nel 1992-93 aveva accolto migliaia di profughi musulmani della “pulizia etnica”, villaggio per villaggio, compiuta dai serbo-bosniaci nella Bosnia orientale, passando in pochi mesi da 9.000 a 42.000 abitanti, era una delle tre “enclave” musulmane, insieme a Gorazde e Zepa, che l’Onu avrebbe dovuto, per mandato del Consiglio di sicurezza, difendere. Ma che, come emerge da comunicazioni riservate oggi declassificate, da verbali e interviste consultati da Observer, e dal processo all’Aja ai responsabili del genocidio, i governi di Washington, Londra e Parigi cominciarono ad accettare l’idea che quelle enclave – apertamente “sgradite” a Radovan Karadzic (ex presidente della Repubblica serba di Bosnia) e Ratko Mladic (durante la guerra capo di stato maggiore dell’Esercito della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina) – erano diventate “indifendibili”, impossibili da tenere.

Le diplomazie occidentali, che si erano ormai arrese al principio di zone
divise etnicamente, iniziarono dalla primavera del ’95 a lavorare a una “cartina” della Bosnia che fosse accettabile per l’allora presidente serbo, Slobodan Milosevic, pur di arrivare a una rapida pace dopo quattro anni di guerra balcanica. Il negoziatore americano del gruppo di contatto sulla Bosnia, Robert Frasure trasmise la volontà del leader serbo al consigliere per la sicurezza Anthony Lake, il quale riorientò la politica di Washington a favore di un abbandono dei caschi blu e della cessione de facto di Srebrenica a Mladic. Questo il “prezzo della pace” che si fu disposti a pagare.

Flower of Srebrenica - Memorial Day

Non di meno: l’opposizione del comandante dei caschi blu, il generale francese Bernard Janvier, a qualunque raid aereo contro i serbi, e la resa dei soldati olandesi che non solo lasciarono entrare le milizie serbe nella città, ma cacciarono anche i civili che cercavo protezione presso il loro quartier generale. La spaventosa macchina di morte che seguì avvenne, peraltro, tutta sotto l’occhio dei satelliti, come rivelato da messaggi declassificati visionati dall’Observer. Molto prima che l’Occidente fosse colto dalla “scioccante sorpresa” del genocidio.

 

Ayla Şahin

Foto © 2015 European Parliament

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