Brexit: si cercano strategie per attrarre gli investitori

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Teresa May Spaghetti House

Gli imprenditori italiani a Londra sono pregati di rimanere. Sadiq Khan manda lettera privata a tutte le aziende e lancia la campagna #LondonIsOpen

Nonostante l’insediamento recente di Teresa May, la seconda donna nella storia dopo la Thatcher come primo ministro capace di condurre il Paese, come ha dichiarato lei stessa, nel Regno Unito ogni cittadino viene colpito dall’incertezza post Brexit. Di sicuro, il risultato del voto è stato una sorpresa sia per David Cameron, sia per quelli che hanno promosso la campagna, però a distanza di quasi un mese dallo storico 23 giugno, si scopre che molti di loro si tenevano dentro un malcontento, alimentato dai media e i politici. Apparentemente Londra continua la sua vita frenetica, cercando di trovare le strategie giuste dopo che diverse aziende hanno minacciato di lasciare l’UK. Così si spiega la nuova campagna globale #LondonIsOpen, lanciata dal sindaco Sadiq Khan con l’intento di incoraggiare i visitatori e gli investitori post Brexit, una mossa per dimostrare che la capitale manterrà il suo spirito imprenditoriale e creativo. Khan ha chiesto ai suoi cittadini di sostenerlo con i messaggi sui social media, ma la campagna ha trovato subito il supporto di Teresa May, Boris Johnson e di celebrità come Jude Law.

Sadiq Khan Spaghetti HousePrima di questa iniziativa, il sindaco Sadiq Khan ha mandato una lettera a tutti gli imprenditori della capitale, dove rassicura le aziende che Londra è una città aperta e i businessmen sono benvenuti. Il messaggio è stato ricevuto anche da Luigi Lavarini, CEO della catena di ristoranti italiani Spaghetti House, creata nel 1955 da suo padre, Simone. «Penso che dobbiamo seguire le parole della regina Elisabetta II: mantenere la calma. Avere fiducia nei nostri politici e in lei», spiega Luigi, nato a Londra da genitori italiani. «Speriamo di non soffrire molto come economia. Tutto dipenderà dal negoziato con l’Ue, dobbiamo essere pragmatici».

Spaghetti HouseIl voto pro Brexit ha lasciato disorientati molti, come conferma anche Luigi; nei suoi ristoranti lavorano persone di diverse nazionalità, prevalentemente italiani, e sono preoccupati tutti. Non se lo aspettava, anche se era dell’opinione che in Europa ci sono tante cose che rallentano gli affari: «le leggi sul lavoro e sul commercio, la burocrazia, è tutto molto vincolato e costoso, che va contro un mercato dinamico». D’altra parte, il fatto di far parte per più di 40 anni di un grande mercato come l’Unione europea facilitava il negoziato con i mercati esteri. Ma secondo Luigi, «non c’era mai stata una strategia, un vero dibattito, che ci permetteva di considerare la vera opportunità di fare quello che abbiamo fatto», e questo ha generato la rivolta del popolo, «un richiamo alla realtà nazionale».

Le ragioni degli insoddisfatti sono diverse, iniziando dalle parti delle Yorkshire, che da anni «vivevano sui carboni», generazioni di persone orgogliose del loro lavoro nelle miniere fino agli anni ’70, quando la loro vita è cambiata, per il progresso, momento che ha coinciso con l’entrata nell’Ue. «Purtroppo non abbiamo potuto creare abbastanza benessere da queste parti dell’Inghilterra». Mentre Londra ha fatto un progresso fuori proporzioni rispetto al resto del Paese. Dopo lo scandalo bancario del 2008, «siamo entrati in un periodo di recessione dovuto a delle decisioni che sono state prese ad alto livello nella City di Londra, che generavano molto benessere a poche persone», senza includere il resto del Regno. «Nessuno ha voluto più avere fiducia nelle istituzioni, nel governo». Avere un grande parlamento in Ue costa tanti soldi: «Cosa fa tutta questa gente lì? » Poi c’è stata l’immigrazione, il lavoro non è facile da trovare in Inghilterra, «vengono tante persone che beneficiano dei servizi sociali», per cui il Paese deve «tirare la cintura», ridurre le spese. «Ma allo stesso tempo vogliamo aiutare queste persone». Notizie come quella della violenza sulle ragazze in Germania da parte degli extracomunitari fanno paura, sono benvenute le persone che si adeguano, lavorano, «come si è fatto 30-40 anni fa», ma è difficile integrare centinaia di migliaia di persone che arrivano tutti in un momento, «è come avere un grande piatto di pasta davanti, come faccio a mangiarla tutta d’un colpo? »

Spaghetti HouseL’effetto Brexit significa che il popolo non era convinto che «il nostro governo, insieme ad altri 27 governi, aveva a cuore gli interessi di questa maggioranza di inglesi che hanno avuto l’opportunità di votare». Se è stato giusto o no, è una dimostrazione di un paese democratico. Se la gente è stata manipolata dai politici, questi risponderanno davanti alla legge in futuro, come dimostra il caso di Tony Blair, che sta affrontando oggi il report sulla guerra in Iraq. Se le persone anziane hanno rubato il futuro ai giovani si vedrà negli anni. «Ho una figlia di 17 anni, all’indomani del Brexit era molto furiosa, i giovani che conosco sono tutti arrabbiati, si sentivano internazionali, in una città cosmopolita come Londra».

Spaghetti HouseAnche Luigi si sente un vero cittadino europeo: «Non sono inglese in Inghilterra e non sono italiano in Italia». Però è contento di vivere a Londra e di portare avanti insieme ai suoi fratelli lo spirito dell’azienda Spaghetti House instaurato da suo padre, Simone Lavarini, – sentirsi nel ristorante come a casa. Simone è arrivato in Uk nel ’47, poco dopo la guerra, in un periodo di austerità. E’ stato fortunato a lavorare negli ambienti privilegiati, al Savoy Hotel, e come maggiordomo in una casa privata, fino al ’53, quando ha intuito che Londra è una città mondiale che si stava rimettendo. Ma ha capito soprattutto che il mangiare buono era poco, che la cucina era povera. Così ha messo su una delle prime spaghetterie italiane, insieme a un amico. «Piatti di lasagna, bocconcini di pollo con purea, cibo molto saporito, servizio veloce, economico. Andavano la mattina al mercato a fare la spesa». Il loro carattere simpatico e allegro ha guadagnato subito la simpatia dei clienti, che in breve tempo gli ha dato la possibilità di aprire il secondo ristorante, fino ad arrivare nel ’74-’75 a 15 locali nel centro di Londra.

L’entrata del Regno Unito nell’Ue ha cambiato il sistema dell’Iva, è iniziato un controllo dal “centro”, è cambiato il modo di lavorare in quanto si richiedeva la distribuzione del benessere. «Da quel momento siamo andati incontro alle recessioni». «La nostra azienda è stata beneficiaria di una città che ha saputo mantenere un dinamismo nel mercato di Londra», racconta Luigi. «Le persone lavorano, si divertono, vengono per istruirsi, per la storia, per la cultura, vuol dire che si mangia». Sotto la guida di Luigi e i suoi fratelli, hanno saputo mantenere una qualità di cibo al prezzo giusto con un servizio gentile, «evolvere con questa città che si sta evolvendo». La ristorazione italiana si è sviluppata con il talento del padre Simone, che ha 87 anni, è ancora attivo e con la mente dinamica.

Spaghetti HouseChiesto del proprio apporto alla catena di ristoranti, 11 al momento, Luigi risponde ridendo: «Direi che da un lato non ho distrutto l’azienda, e dall’altro non ho creato una multinazionale. Sono stato un custode che ha avuto abbastanza abilità di aiutare a guidare l’azienda attraverso questi anni di alti e bassi, evoluzione e sviluppo». Ovviamente hanno avuto anche dei momenti di crisi, ma allo stesso tempo, «quando le cose vanno meglio riusciamo a reinvestire». Come innovazione, c’è un dolce che hanno portato avanti – Polenta cake, guarnita con una panna agrodolce, scorze di limone e miele. Per accontentare tutti i clienti e mantenere i ristoranti pieni, i piatti si possono mangiare anche in mezze porzioni, «perché nessuno più ha fame a Londra».

Per quanto riguarda il loro business, Luigi è ottimista: «La sterlina più debole coincide con l’inizio delle vacanze, chi sta venendo da fuori spende di più». La sterlina bassa per il turismo e le esportazioni è un beneficio, però «pagheremo un po’ di più quello che importiamo dall’Italia: il caffè, la pasta, l’olio». «Sono sicuro che il governo sta cercando di mantenere il turismo, tenere aperte le frontiere». Il nuovo primo ministro dovrebbe negoziare bene con l’Ue, questo è il desiderio di tutti. In conclusione, Luigi ammette, che «il nostro successo è dovuto al successo di un microcosmo che è la città di Londra».

Raisa Ambros

Foto © www.dailymail.co.uk; www.shoutoutuk.org; Spaghetti House

 

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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