Si apre ora una delicata fase di transizione, che dovrà ridefinire gli indirizzi della politica italiana e il suo ruolo in Europa. Per ora dimissioni congelate dal presidente Mattarella
Personalizzando il referendum Matteo Renzi ha commesso il medesimo errore che ha portato alla caduta del premier inglese David Cameron. La tardiva presa di coscienza del meccanismo messo in moto, più volte manifestata negli ultimi interventi televisivi, non è servita a salvarlo dalla debacle elettorale. Il referendum è stato comunque interpretato come un voto sul governo e sul suo premier. Di questo Renzi era perfettamente consapevole. Le immediate dimissioni, seppur temporaneamente congelate dal presidente Mattarella, ne sono una chiara dimostrazione.
L’eterogeneo quadro delle opposizioni ha trovato una effimera coesione nel contrasto a un cambiamento costituzionale accusato di favorire una svolta autoritaria, ponendo più potere nelle mani di un solo uomo. A tutto questo si aggiungano le dinamiche interne al Partito Democratico, alle prese con il proliferare di correnti che acuiscono i contrasti fra le varie fazioni. Arduo sarà ora per il partito trovare un equilibrio in grado di smorzare i toni della lotta intestina fra nostalgici del vecchio corso e fedelissimi renziani.
La priorità è quella di gestire, nella maniera migliore possibile, la fase di transizione, senza sciupare quanto di buono il governo Renzi ha saputo portare a casa. Difficile sarà poi manterere la credibilità in un ambito europeo già da tempo preoccupato riguardo la probabile vittoria del no. Ancor più difficile mettere d’accordo i diversi partiti riguardo la nuova legge elettorale.
Se il populismo ha avuto buon gioco nel demolire l’edificio renziano, più difficile sarà ora costruire un’alternativa. Per quanto “difettosa” in alcuni suoi passaggi, la riforma costituzionale garantiva comunque un cambiamento. Ora che il conservatorismo ha trionfato, non si scorge una proposta politica credibile per il futuro del Paese.
Diversi gli atteggiamenti nel campo del no. Mentre Salvini, Grillo e Meloni chiamano a gran voce un immediato ricorso alle urne, Berlusconi appare più cauto. Il Cavaliere rimette la responsabilità al Partito Democratico, a suo avviso l’unico partito al quale, nelle condizioni attuali, spetta formare un nuovo governo.
Anche Matteo Renzi, dopo lo sconforto iniziale, sembra aver ripreso fiducia. La direzione, convocata per domani, sarà fondamentale per capire il futuro del PD. La minoranza del partito, schierata per il no, ha comunque bisogno di tempo per creare un’alternativa a Renzi. L’impegno per la stabilità evocato da Bersani sembra voler gettare acqua sul fuoco dei contrasti interni, anche se la guerra è appena iniziata.
Importante sarà gestire la fase post referendaria, proseguendo la stagione riformista senza impantanare il Paese in un immobilismo che avrebbe conseguenze negative sulla ripresa economica e sulla crescita.
Riccardo Cenci
***
Foto in evidenza © European Union , 2016 / Source: EC – Audiovisual Service / Photo: Marco Zeppetella
Foto al centro © European Union , 2016 / Source: EC – Audiovisual Service / Photo: Etienne Ansotte