Eurogruppo, lunedì si sceglie il presidente all’Ecofin

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Settimana piena per il settore economico comunitario. Dossier sui paradisi fiscali, c’è il rischio dell’ennesimo rinvio. A ex Dijesselbloem maxi stipendio da Esm

Inizio settimana con nomina per l’Eurozona – il gruppo di Paesi che hanno la moneta unica – alla riunione dei ministri dell’Economia (Ecofin) dei 27 Stati membri (la Gran Bretagna non partecipa da quando è partita la procedura per la Brexit). Si sceglie il sostituto del presidente uscente Jeroen Dijsselbloem, paladino del rigore nonostante la provenienza socialista, al quale è stato trovato il ruolo come consulente per il fondo salva-Stati Esm (European Stability Mechanism, intervenuto nei salvataggi di Irlanda, Portogallo e Grecia), di cui peraltro è stato reso noto il ricco stipendio: la bellezza di 14.500 euro/mese per l’uomo conosciuto ai più per aver definito gli uomini del Sud Europa come «troppo intenti a spender denari in donne e alcool», prossimo consulente strategico del tedesco Klaus Regling a capo dell’Esm. Oltretutto, come ha scritto il Corriere della Sera, non essendo più ministro delle Finanze olandese Dijsselbloem avrebbe dovuto lasciare l’Eurogruppo da ottobre, «ma il sostegno della Germania gli ha consentito un’inedita proroga fino alla scadenza prevista il 13 gennaio 2018». E ora, in più, oltre alla retribuzione cospicua «a carico dei contribuenti dell’Eurozona» – come chiosava il più venduto quotidiano italiano – sarebbe ora anche inconflitto di interessi” perché dovrebbe controllare il suo nuovo datore di lavoro.

L’Eurogruppo di dopodomani è chiamato, dunque, ad eleggere il successore dell’ex ministro delle Finanze olandese e la corsa si è ristretta a quattro nomi: lo slovacco Peter Kažimír, il lussemburghese Pierre Gramegna, la lettone Dana Reizniece-Ozola e il portoghese Mário Centeno. Quest’ultimo, soprannominato da Wolfgang Schäuble “il Ronaldo dell’Ecofin” per aver fatto tutte le riforme richieste dall’Ue e risanato i conti con successo, dovrebbe essere il favorito. Ma fa paura lo slovacco, appartenente come lui alla famiglia politica di sinistra, ma che pescherebbe più voti ai popolari (la maggioranza) anche per le posizioni intransigenti simili a Dijsselbloem (slogan: «compiti a casa»). E poi i due liberali, la lettone famosa (ironia del caso) per aver fatto a suo tempo campagna contro l’ingresso del suo Paese nell’euro, e il lussemburghese accusato di voler conservare i privilegi fiscali di casa sua. Ma i giochi sono comunque aperti, soprattutto perché il vincitore avrà bisogno di conquistare 10 voti su 19. È quindi probabile che Centeno non ce la faccia al primo turno, pur godendo dell’appoggio di Francia, Germania e Italia. Quest’ultima aveva Pier Carlo Padoan fortemente apprezzato dai colleghi, ma che non ha corso perché a fine legislatura nel suo Paese. Come la scorsa settimana per le agenzie che si sposteranno da Londra (Ema ed Eba) la votazione sarà segreta, e proseguirà a oltranza, finché i candidati – che vengono via via informati del numero di voti ottenuti – non si ritirano, spianando la strada a un unico vincitore.

L’Ecofin è invece chiamato martedì 5 dicembre ad approvare, dopo un confronto durato anni, la lista dei paradisi fiscali, ovvero le cosiddette “giurisdizioni non cooperative” con le autorità fiscali Ue. Un elenco che procurerebbe, almeno nell’immediato, solo un danno di reputazione, ma non avrebbe conseguenze pratiche nell’immediato ai Paesi elencati nella lista. Ma i ministri dell’Economia dell’Unione europea potrebbero anche decidere di rinviarne la pubblicazione, dando più tempo a quelli potenzialmente incriminati a diventare più trasparenti e di impegnarsi a cooperare per essere cancellati dalla lista. La pressione dell’opinione pubblica, provata dai vari LuxLeaks, Panama e Paradise Papers, è alta, ma nonostante questo il rinvio è possibile. Anche se a premere c’è anche la Commissione europea, che ha messo a punto i criteri per stilare l’elenco e che ha fatto della lotta all’evasione fiscale un suo cavallo di battaglia fin dal primo giorno. Secondo indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, sarebbero 36 gli Stati, tra cui Serbia, Armenia, Isole Cook, le isole Marshall, Panama e Tunisia. Potrebbe anche esserci la Turchia, anche se il suo ministro delle Finanze ha assicurato che è in linea con tutti gli standard internazionali.

Mercoledì 6 sono invece previste le proposte per approfondire l’Unione economica e monetaria (EMU, dall’acronimo inglese Economic and Monetary Union). E insieme a queste potrebbe arrivare anche un nuovo allentamento delle regole sui conti pubblici. Almeno, stando a quanto scrive in un’anticipazione (esce domani) il settimanale tedesco Der Spiegel (quello delle copertine spesso particolarmente velenose), è ciò che vorrebbe il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che sta limando il documento sull’EMU: l’idea è di far valere il tetto del 3% di deficit per l’insieme dell’Eurozona, affinché diventi meno importante il suo rispetto da parte dei singoli Stati. Per il magazine tedesco, “la Commissione non vuole più applicare il Fiscal Compact perché si concentra troppo sui livelli di debito degli Stati”. Si andrebbe, insomma, delineando un quadro molto favorevole ai Paesi con i conti ancora da risanare. Ma dalla Commissione arriva una secca smentita: «sono voci che non hanno nulla a che fare con la realtà», replica l’esecutivo comunitario in un duro comunicato, «non è mai stato considerato dalla Commissione e non ha niente a che fare con le proposte a cui sta lavorando». La bozza del piano sull’EMU è ancora aperta, ed è già noto che conterrà la proposta di trasformare il fondo salva-Stati ESM – attualmente un’istituzione intergovernativa – nel Fondo monetario europeo, che diventerebbe un’istituzione soggetta alle regole del diritto Ue e non all’accordo tra Stati. E quindi la Commissione, oggi estromessa, avrebbe invece potere su di esso. Facendo tramontare per sempre l’obiettivo dell’ex ministro tedesco Schäuble di dare all’ESM quei poteri di verifica dei conti pubblici che oggi ha la Commissione. Il documento conterrà anche l’idea di creare un superministro del Tesoro, fondendo commissario agli Affari economici e presidente dell’Eurogruppo. La Commissione accoglierà, poi, l’idea di Macron di creare un bilancio dell’Eurozona, nonostante l’opposizione della Germania.

 

Angie Hughes

Foto © European Union, Encyclopedia Britannica

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Angie Hughes
Scrivere in italiano per me è una prova e una conquista, dopo aver studiato tanti anni la lingua di Dante. Proverò ad ammorbidire il punto di vista della City nei confronti dell'Europa e delle Istituzioni comunitarie, magari proprio sugli argomenti più prossimi al mio mondo, quello delle banche.

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