La Russia torna prepotentemente in campo nella lotta contro il terrorismo

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Forti interessi economici condizionano la guerra all’Isis. Prioritaria una comunanza di intenti e di obiettivi fra gli Stati membri della UE.

Evocando scenari da seconda guerra mondiale in riferimento alla lotta contro l’Isis, il presidente russo Vladimir Putin intende sancire il ruolo del proprio Paese nella lotta contro il nuovo impero del male. Il tentativo di emarginare Mosca in seguito ai fatti ucraini si scontra ora con la necessità di compattare l’Occidente in relazione alla grande sfida del Califfato. Un’occasione ghiotta, inevitabilmente destinata a rilanciare il ruolo della Russia. Il bene, rappresentato dai Paesi liberi e democratici, e il male, incarnato dall’ottica oscura dell’integralismo islamico, sembrano perfettamente distinti, come all’epoca erano gli alleati di fronte alle barbare orde hitleriane. Eppure le cose non sono così semplici.

Dietro la progressiva affermazione del Califfato vi sono interessi economici notevoli, legati al petrolio e al commercio delle armi. Washington seguita a vendere armamenti all’Arabia Saudita, roccaforte sunnita, che vengono impiegati nella lotta contro i ribelli sciiti nello Yemen. E poco importa che il regime di Riyad applichi la sharia, la legge islamica, in costante violazione di ogni diritto umano. Il contrasto non è dunque esclusivamente fra gli integralisti e l’Occidente, ma è prima e sopratutto un conflitto interno ai musulmani stessi. Sunniti e sciiti si fronteggiano in una guerra crudele, senza esclusione di colpi.

Più o meno tutti fanno affari con la ricca monarchia saudita, non esclusi gli italiani e i francesi. I sauditi, eterni nemici dell’Iran, non hanno visto di buon occhio l’accordo sul nucleare sottoscritto con gli Stati Uniti. Non dimentichiamo il loro sostegno all’Iraq di Saddam, quando questi si opponeva al governo di Teheran. L’atteggiamento saudita riguardo il Califfato resta dunque ambiguo, in quanto ostile al nuovo ruolo internazionale concesso all’Iran. L’Arabia vuole sbarazzarsi di Assad in Siria, contenendo nel frattempo le mire dell’avversario iraniano.

P029247000502-926285L’ingresso in campo della Russia complica ancora di più le cose. L’alleanza con la Francia di Hollande costituisce un ulteriore tassello al complicato scacchiere mediorientale. L’escalation del terrorismo internazionale richiede scelte drastiche, da applicarsi possibilmente senza ledere troppo i rispettivi interessi economici. Come conciliare la reticenza saudita riguardo l’Isis con la necessità di estirpare la piaga dell’integralismo?

Resta poi da valutare il ruolo della Turchia, membro della Nato ma in piena fase regressiva riguardo i diritti democratici. La recente affermazione di Erdogan nella nuova tornata elettorale rappresenta un vero e proprio mandato popolare. I turchi, in gran parte nostalgici nei confronti della trascorsa grandezza ottomana, vorrebbero recuperare un ruolo chiave negli equilibri mediorientali. Che ne facciano le spese i curdi, fra l’altro fra i pochi a combattere su ogni fronte lo stato islamico, è un danno collaterale agli occhi di molti trascurabile. Il petrolio a buon mercato dello stato islamico, venduto a circa trenta dollari al barile contro i cinquanta del prezzo ufficiale, finisce anche in Turchia, oltre che negli altri Paesi limitrofi, come dimostrato da una recente inchiesta portata avanti proprio dai russi.

Di tutta questa confusione, di questo morboso intreccio di interessi, si avvale il Califfato per estendere la propria influenza. Se dapprima le potenze mondiali pensavano di poter arginare il fenomeno in qualsiasi momento, ora si stanno rendendo conto della gravità della minaccia. Quando è lo stesso territorio europeo ad essere investito da attacchi imprevedibili e sanguinosi, una risposta ferma diviene inevitabile. Di fronte al progressivo disimpegno degli Stati Uniti, scottati dalle esperienze in Afghanistan e in Iraq, e alle politiche prudenziali di Obama, resta da chiedersi se l’Europa, eternamente divisa, riuscirà a trovare una propria compattezza e comunanza di obiettivi. Senza di queste non si riuscirà a battere il Califfato, ad arginare gli estremismi né a garantire livelli perlomeno accettabili di sicurezza nel vecchio continente.
Riccardo Cenci

Immagini:

© European Union, 2015

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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