Pastasciutta, il brand nazionale italiano dalle radici esotiche

0
1109
pasta brand nazionale

Ogni anno le esportazioni aumentano, soprattutto negli Usa dove la pasta è diventato vero e proprio culto. I 2/3 delle esportazioni sono verso l’Unione europea

Nonostante la provenienza degli spaghetti sia probabilmente araba (non ha fondamenta il mito dell’introduzione di Marco Polo dalla Cina) e quella del pomodoro sia americana, un bel piatto di pasta al sugo è per l’Italia, senza dubbio, il brand nazionale per eccellenza.

pasta brand nazionaleCaposaldo della dieta mediterranea, la produzione di pasta ha radici antichissime, coincidenti con la fine del nomadismo e la stanzialità delle popolazioni. Già gli etruschi conoscevano i primi rudimenti di lavorazione del grano per ottenere una sorta di pasta, noti anche a greci e romani. Ma le prime testimonianze dell’antenata della pastasciutta come la conosciamo oggi risalgono al 1154, quando il geografo arabo Al-Idrin parlava di un cibo di farina in forma di fili essiccato per la conservazione nel deserto: la “trivah”, introdotto in Sicilia durante la dominazione mediorientale e giunto ai giorni nostri con il nome dialettale di “tria”.

pasta brand nazionaleDa lì la diffusione nei ricettari di tutta Italia – Napoli e Liguria in testa – è stata rapida, anche a nord dove il clima favoriva meno l’essiccazione naturale, ma si ovviava con appositi macchinari. I riferimenti si moltiplicano, anche di alto livello: Boccaccio parla dei maccheroni fatti di pasta di farina di grano nel suo Decameron, giusto per fare un esempio.

Per il sugo bisognava aspettare un po’ di più, almeno la metà del XVI secolo e oltre, il tempo che la coltivazione del pomodoro si espandesse. Iniziarono così anche le corporazioni di mestiere nel Paese, molto restrittive ma storicamente decisive per fare della pasta il brand nazionale che ancora conosciamo e che tutto il mondo apprezza, secondo un processo di lavorazione migliorato nella tecnologia ma sostanzialmente immutato.

pasta brand nazionaleE sebbene nemmeno questi procedimenti siano stati elaborati in Italia, l’industria nostrana è ovviamente la maggiore produttrice, per un consumo annuo di circa 27 kg pro capite. Già nel 1913 le esportazioni raggiunsero le 70mila tonnellate, soprattutto verso gli Stati Uniti. Anche se i diversi Paesi nel mondo hanno iniziato una produzione propria, la qualità del made in Italy continua a parlare da sé e i numeri sono andati sempre crescendo, anno dopo anno. In attesa dei dati 2016, nel 2015 è stato segnato un ennesimo record, con un incremento del 9% delle esportazioni, secondo quanto riportato dall’Istat, con guadagni per 36 miliardi di euro complessivi per tutto l’agroalimentare e circa 2,5 per la sola pasta.

pasta brand nazionaleIl volume commerciale della pasta è salito di ulteriori 9 punti percentuali rispetto ai 12 mesi prima, dell’82% se consideriamo l’ultimo decennio, grazie anche a una leggera ripresa economica. I 2/3 delle esportazioni sono verso gli altri membri dell’Unione europea, mentre gli Usa restano il primo mercato extracomunitario, con crescite del 15%. Cala solo il traffico verso la Russia, ma per via delle sanzioni. Anche in questo settore la prevalenza è di piccole e medie imprese, con poche aziende che riescono ad avere una grande distribuzione.

pasta brand nazionaleLunga o corta, fresca, all’uovo, in nidi o matasse, a sezione tonda o forata, liscia o rigata, ripiena, secondo le forme più fantasiose. Questo brand nazionale oltre a rappresentare uno stile di vita è diventato un vero e proprio culto anche all’estero. Nel 2005 il fisico americano Bobby Henderson, in risposta all’insegnamento obbligatorio del creazionismo in parallelo all’evoluzionismo, decise di fondare la religione pastafariana. Niente a che vedere con la Giamaica o il leader etiope Hailé Selassié, il pastafarianesimo rivendica, tra il serio e il faceto, legittimità e approccio scientifico finalizzato all’illuminazione. Unico dogma: l’esistenza di un mostro volante di spaghetti. Di adepti, toccati dalle appendici “spaghettose” del “progettista intelligente”, ce ne sono anche da noi, attirati dalla concessione di un consumo abbondante del “corpo del creatore”. Poteva non essere così?

Raisa Ambros

Foto © Good Shopping Guide; gustoblog.it; WAMGROUP; Leve a Vida Light; Mangia Mangia; Wikipedia

Articolo precedenteMinaccia cybernetica in Europa e nel mondo
Articolo successivoLavoro, saper sostenere un colloquio in inglese fa la differenza
Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui